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Alla mia ex-suocera, malata di Alzheimer

Amo fare regali, amo riceverne. Quello che ricordo con più affetto è un libro che mi regalò la mia ex-suocera. Costava $6. Non so perché, ma gli americani che ho conosciuto lasciavano tutti i prezzi sui regali, non credo per far vedere quanto avessero speso, piuttosto perché secondo me non si curavano di rispettare le etichette.
Era Natale, avevamo da poco preso un cane al canile. Era un miscuglio di razze, era un bellissimo cane, l’avevamo chiamato Jackie.
La mia ex-suocera cominciava a comprare regali di Natale verso ottobre, e la notte della vigilia ci sentivamo tutti bambini, a cercare quei pacchetti con il nostro nome appiccicato sopra, a scuoterli, a cercare di indovinare cosa potesse esserci dentro. Tanti regali, faceva. Tutti poi seduti a terra, accanto al camino, a scartare, fiocchetti e targhette svolazzanti, a pulire ci avremmo pensato il giorno dopo, ma anche due.
La mia ex-suocera mi regalava anche cose molto costose, anche gioielli… come gli orecchini di smeraldo, perché lo smeraldo è la pietra del Toro, il mio segno.
Quel Natale, era il 2001, tra maglioni e orecchini, c’era anche questo pacchettino, aveva aspettato a darmelo, era l’ultimo regalo.
Era un librino, dal titolo: “The second-hand dog”, cioè il cane di seconda mano, cioè il cane adottato al canile.
Valore, $6.
In copertina, la foto di un cane identico a Jackie.
Me lo aveva preso perché aveva pensato alla faccia che avrei fatto nel guardare quella foto. Perché a Jackie, il mio cane da canile, ero molto attaccata.
Tra tutti i regali ricevuti, questo lo ricordo con maggiore affetto, perché vedendo quel libro, per caso, su uno scaffale di roba usata, lei aveva pensato a me. E sapeva che avrei sorriso, felice.

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