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L’evoluzione della foto. Darwin, perdonaci!

 

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Una volta gli uomini si infervoravano sulle pagine di Postal Market, mentre oggi impazziscono per foto ritoccate, con più filtri di una moka da 12, bocche a culo di gallina e labbra sponsorizzate Michelin.
La domanda è: ci meritiamo Enzo Miccio Presidente della Repubblica, o il selfie è solo un modo nuovo di comunicare?

L’altro ieri una mia amica di infanzia mi ha taggato su Facebook in una vecchia foto di gruppo, eravamo tutte femmine e tutte sorridenti, nessuna boccuccia e tanto meno dita a V di Vittoria (ma poi si sa cosa vincono?). Ebbene, mi sono commossa, perché eravamo fresche e impacciate, le foto di gruppo si facevano per le occasioni importanti, mentre adesso si guarda la telecamera con aria di sfida, sopracciglia imbronciate, evidenziando toraci muscolosi o tette in primo piano (spesso l’inquadratura privilegia quelle, in barba a un sorriso o uno sguardo radioso), e si scattano foto decine di volte al giorno, persino alle pietanze che mangiamo.

Tanti psicologi si sono sbizzarriti per enunciare fin troppo marcatamente le motivazioni patologiche della selfie-mania, che possono variare da una spiccata forma di vanità ad una vera e propria malattia da carenza di autoaffermazione, che si manifesta al di là del sesso e dell’età dei ‘selfisti’.

A parte questi profili ben delineati, che rappresentano un’alta percentuale, pare che nel 39% dei casi, il selfie non sia altro che un mezzo per far ridere e divertire gli altri, mentre nell’altro 21%, si tratti di un modo per raccontare un momento della propria vita.

Ok, ma se mi mostri le tette o il torace depilato o gli slip che evidenziano il pacco, cosa vuoi raccontarmi, che sei appena uscito/a dalle scene di un film con Rocco Siffredi? Ma chissenefrega se sei fisicamente prestante, dico io?.
E se mi mostri le ditine messe a V, cosa vuoi comunicarmi? Che hai vinto una batteria di pentole con la raccolta punti del supermercato piuttosto che una gara di tiro della forma di formaggio?

Al di là dell’analisi scientifica e della moda, non capisco come sia possibile mancare di obiettività, e cioè: se ogni volta che vi vien voglia di fotografarvi con le dita a V, pensaste che oltre a ‘Vittoria’ potrebbe significare anche Vaffanculo, o Vaginite, o Varicocele, magari cambiereste posa, risultando anche più naturali e credibili.
Allo stesso modo, al posto di bucodiculizzare la bocca a mo’ di bacio sexy (o nel peggiore dei casi, di una fellatio perpetrata all’uomo invisibile), immortalatevi in un bel sorriso, o in una smorfia simpatica, se non altro sareste originali!

E vogliamo parlare della linguaccia? No, ma fatela pure eh, che può risultare anche divertente, purché abbiate la lingua rosa e non bianca patinata, e il fegato in perfette condizioni (il che è quasi impossibile, poiché spesso queste smorfie si fanno in gruppo, durante le serate alcoliche pesanti, quelle in cui se torni a casa e non ti entra la camicia da notte, significa che ti stai infilando in una federa, o se non ti si apre il portone di casa, magari stai infilando le chiavi nella toppa del vicino).

Insomma ragazzi, fate un po’ come vi pare, purché i vostri selfie non diventino una purga per chi vi guarda, altrimenti al posto della V di Vittoria, siete più credibili se mimate la W di WC.[:]

Lucilla Masini

Lucilla Masini, nata a Lucca di cuore toscano, donna mancata, medico mancato, arredatrice forzata, umorista per vocazione.

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Lucilla Masini

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