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25 aprile: la storia del partigiano Nonno Noto

Prima di entrare nelle file dei Partigiani il Nonno Noto, come tutti i giovani di quell’epoca, era arruolato.

Era bravissimo con la musica infatti gli diedero il compito di gestire e creare la banda musicale. Lui ci vedeva lungo è capì subito che era un ottimo modo per riuscire a disertare e mettere in salvo tanti ragazzi come lui. Fece entrare nella banda quanti più commilitoni possibili, anche i più incapaci che nemmeno sapevano fischiare.

A tutti una raccomandazione:

“andate a casa a prendere gli strumenti e non tornate più”.

Disertare e entrare tra gli antifascisti, così fece anche lui.

Divenne un partigiano.

Era un partigiano e un alpino.

Ecco le due cose che mi vengono in mente quando penso a mio nonno, un partigiano e un alpino.

In quel periodo era fidanzato con quella che sarebbe diventata sua moglie e poi mia nonna, la Nonna Maria.

Lei fu portata davanti al muro,col plotone pronto a fucilarla se non avesse detto dove era nascosto il nonno, salvata poi dal prete del paese per il rotto della cuffia.

Il Nonno Noto, partigiano nelle colline intorno a Ivrea, era anche stato quasi ucciso da un fascista, un suo amico d’infanzia con cui era cresciuto e aveva frequentato la scuola.

Quello vedendolo di notte, con la boria tipica del fascista, lo buttò a terra e gli puntò il fucile contro dicendogli: per questa volta ti lascio andare, ma se ti ritrovo ti ammazzo e faccio fuori tutti quelli che conosci.

Finita la guerra, sconfitti i fascisti, il Nonno e la Nonna sono andati in Argentina.

Lì, a distanza di anni, in una stazione ferroviaria ha rincontrato quel suo vecchio “amico” di infanzia, quello che gli aveva puntato contro il fucile.

Senza dire nulla il Nonno gli andò davanti e gli tirò un pugno in faccia. Per poi girarsi e andar via, con lui che lo guardava a testa china.
Questo era il Nonno Noto, un alpino, un partigiano, che da troppi anni non c’è più, il Nonno che tutti i bambini avrebbero voluto avere.

Abitava in un mulino, con la ruota, il fiume e il ponte. Ai maschietti di casa diceva di pisciare dal balcone, che tanto quella era tutta campagna, a tavola ci faceva mangiare con le mani, faceva l’asado più buono del mondo, aveva sempre un berretto da marinaio sulla testa, il taschino della camicia pieno di sanateur per non far sentire che aveva appena fumato ed era del Toro.

Era un falegname, si chiamava Giuseppe e sua moglie Maria, aveva la tessera del P.C.I. la Nonna invece aveva sempre votato D.C. Lui alto alto e magro magro, lei bassa e rotondina.
A 75 anni ancora si tenevano per mano e si davano i baci.
Buon 25 aprile quest’anno e per tutti i prossimi anni.

Silvia Garda

Scrivo, faccio cose, cucino, ho due figli, un gatto, un compagno. Non per forza tutto in questo ordine.

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Silvia Garda

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