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Dress code, dress code, you are my dress code

A Scampia, quartiere di Napoli dove l’abbandono scolastico e la delinquenza minorile sono allarmanti, il collegio dei docenti di una scuola media si è attivato per trovare qualcosa che faccia venire ai ragazzi la voglia di andare a  scuola.

Lo so, state pensando a qualche progetto accattivante, coinvolgente, che parta dal loro vissuto e li motivi a migliorare, qualcosa di complesso, vista la complessità sociale degli alunni.

E invece no. L’ideona è presto nata: insistiamo sull’ordine e la disciplina e, poichè l’ordine inizia dal modo di vestire, facciamo firmare alle famiglie l’accettazione di un dress code declinato a nostra fantasia.

Ecco che, secondo il famoso dogma della moderna pedagogia “le regole vanno rispettate. Punto”, ad un ragazzo con le treccine blu, musicista in erba, è stato negato l’ingresso a scuola, fino a che il barbiere ha fatto quello che doveva fare.

Non vi sembra una grande idea pedagogica questo parto collegiale, avallato dalla dirigente?

No, ma è inutile, il dress code vince su tutto, sulla libertà di espressione di un pre-adolescente la cui personalità è in evoluzione, sulla palese discriminzione, sul concetto delle regole condivise, sulla mancanza di oggettività nella valutazione dei parametri.

Qui non si tratta di dover ubbidire alle regole, qui si tratta proprio che questo tipo di regolamento non andava nè concepito, nè imposto. Tra l’altro, se le regole vengono imposte in maniera pressochè arbitraria, si tratta di una sorta di dittatura, un modello civico da non insegnare ai ragazzi, tanto più se difficili.

Ed ora eccolo, ecco a voi cioè,  il dress code dell scuola media Alpi-Levi:

Per quanto rigurda i capelli è vietato il rasta ma anche il rasato, lo shatush (?) e i capelli “carnecialeschi“, è scritto proprio così (quindi il blu lo è, e cos’altro è carnecialesco?). Notiziona recente, la preside ha aggiunto le specifiche sul colore e sui tagli di capelli consentiti.

Vietate anche le felpe con le scritte violente (“voglio che tu sia mia” lo sarà?) o che invitano a modelli sbagliati ( ma sbagliati secondo chi?)

Vietati i bermuda, i sandali (tutti i tipi? cioè a giugno a Napoli bisogna andare col mocassino?)

Vietato l’ombelico scoperto, il trucco pesante (quanto rimmel e quanto ombretto sarà consentito? non si sa)

Vietati i pantaloni strappati (ovvio, quelli non piacciono proprio agli insegnanti) ma, pare,  neanche troppo aderenti (come anche le camicie), niente, l’abbigliamento aderente forse disturba, sarà che accende l’ormone?

Vietati piercing e orecchini per i maschi.

Insomma i docenti si sono proprio sbizzarriti a declinare questo corposo progetto per inquadrare quegli animaletti. Così sì che i ragazzi andranno a scuola volentieri!

Tutto questo a Scampia, dove la disoccupazione arriva al 70% ?

Beh, che c’entra…da grandi saranno magari  disoccupati come i loro padri, ma con la riga dei capelli ben dritta, sempre. Vuoi mettere.

Silvia Ovis

Sono una bipolare. Quando sto in fase up scrivo cose allegre, cazzeggio e mi diverto un sacco. Quando sto in fase down scrivo roba da siringa al braccio e sto a letto. Con voi ovviamente condivido solo le prime.

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Silvia Ovis

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