Fukushima mon amour. Sette anni vissuti radioattivamente

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Esattamente sette anni fa, un terremoto di magnitudo 9.2 si abbatté sulla Prefettura di Fukushima, in Giappone, zona altamente sismica e sede di alcune tra le più grandi centrali nucleari del Paese.

La prima circostanza avrebbe potuto indurre il governo nipponico a evitare la seconda, ma d’altra parte noi italiani siamo i meno adatti a dare consigli antisismici a chicchessia, quindi eviteremo la facile ironia del senno di poi sull’abbinamento Paese sismico–Energia atomica.

A distanza di poche ore dalla prima scossa, una montagna d’acqua di 40 metri (14 secondo la questura) si schiantò contro la centrale Dai-Ichi, danneggiando i sistemi di raffreddamento di tre reattori e causando un riscaldamento incontrollato.

In un’ora, ci fu il rilascio di una quantità di radiazioni superiore a quella normalmente rilasciata in un anno. Un po’ come quando bevi il limoncello della nonna dopo la peperonata della suocera.

A sei anni dal disastro atomico più grave di tutti i tempi dopo Chernobyl, in Italia non abbiamo ancora stabilito se si dica Fukùshima o Fukushìma, ma d’altronde dalle nostre parti è sempre acceso il dibattito su Fèstival o Festivàl, Ìnternet o Internèt, Bènetton o Benettòn.

Fukushima, quindi, può placidamente attendere.

Comunque si pronunci, nel giorno del suo sesto anniversario, ecco 5 spunti di riflessione per imparare dagli errori passati:

 

1. La mia generazione è cresciuta col mito dell’efficienza del Giappone, una nazione che – in meno di cento anni – si è convertita da società latifondista fondata sul culto dell’imperatore a società capitalista leader della nano-tecnologia. Per anni “giapponese” è stato sinonimo di affidabilità. E di manga, vabbè, ma anche i manga hanno il loro perché, e comunque non scalfivano di un millimetro l’affidabilità giapponese. Poi in un solo giorno vanno in pappa non uno, non due, bensì tre reattori nucleari. I mari si contaminano, le foreste dei pugnali volanti si popolano di cinghialotti mutanti. Finisce che dell’efficienza nipponica non ci si può più fidare. E se non ti puoi più fidare di loro, rimangono solo gli svizzeri. E McGyver. Ma anche di quest’ultimo non sono più così sicura.

 

2. Nata e cresciuta in una città di mare, ho sempre pensato che il pesce che mangi sulle isole sia ineguagliabile e, visto che il Giappone è un arcipelago, che cosa c’è di meglio di un bel tonno giapponese che avvolge una polpettina di riso? Ora, mi permetto di avanzare qualche riserva sulla genuinità del pesce giapponese. E non importa se ti diranno che la cernia che hai nel piatto è freschissima, che basta guardarla nei suoi lucidi occhietti da pesce. Tu esercita il dubbio, soprattutto se trasforma la tua romantica cenetta a lume di candela in una serata strobo – disco.

 

3. Ho sempre pensato che i politici italiani detenessero il primato delle menzogne inverosimili, poi ho scoperto che il governo giapponese sostiene che la situazione della radioattività nella prefettura di Fukushima è rientrata. Un po’ come quando Berlusconi nel 2008 diceva che in Italia la crisi era passata perché i ristoranti erano pieni. Anche in Giappone sono pieni. Di cesio.

 

4. Quando pensi che le coincidenze non esistono e che non hai niente da temere dalla concatenazione di certi eventi, ricordati che se l’11 marzo 2011 a Fukushima il terremoto non fosse stato seguito dallo tsunami, probabilmente non si sarebbero verificati danni alla centrale nucleare. Pensaci la prossima volta che mischierai vodka e birra decidendo subito dopo che non ci sia niente di male a chiamare il tuo ex. A volte uno tsunami sarebbe un atto di misericordia.

.

 

5. Si stima che alla fine delle operazioni di bonifica, sul suolo della Prefettura di Fukushima ci saranno 22 milioni di metri cubi di scorie radioattive. Se nei prossimi anni a Palermo accanto alle campane del vetro spunteranno i cassonetti del polonio, sapremo quale mafia avrà vinto l’appalto per lo smaltimento dei rifiuti giapponesi.

[:en]

Esattamente sei anni fa un terremoto di magnitudo 9.2 si abbatté sulla Prefettura di Fukushima, in Giappone, zona altamente sismica e sede di alcune tra le più grandi centrali nucleari del Paese. La prima circostanza avrebbe potuto indurre il Governo nipponico a evitare la seconda, ma d’altra parte noi italiani siamo i meno adatti a dare consigli antisismici a chicchessia, quindi eviteremo la facile ironia del senno di poi sull’abbinamento Paese sismico – energia atomica.

A distanza di poche ore dalla prima scossa, una montagna d’acqua di 40 metri (14 secondo la questura) si schiantò contro la centrale Dai-Ichi, danneggiando i sistemi di raffreddamento di tre reattori e causando un riscaldamento incontrollato, che ha provocato in un’ora il rilascio di una quantità di radiazioni superiore a quella normalmente rilasciata in un anno. Un po’ come quando bevi il limoncello della nonna dopo la peperonata della suocera.

A sei anni dal disastro atomico più grave di tutti i tempi insieme a Chernobyl, in Italia non abbiamo ancora stabilito se si dica Fukùshima o Fukushìma, ma d’altronde dalle nostre parti è sempre acceso il dibattito su Fèstival o Festivàl, Ìnternet o Internèt, Bènetton o Benettòn. Fukushima, quindi, può placidamente attendere.

Comunque si pronunci, nel giorno del suo sesto anniversario, ecco 5 spunti di riflessione per imparare dagli errori passati:

1. La mia generazione è cresciuta col mito dell’efficienza del Giappone, una Nazione che in meno di cento anni si è convertita da società latifondista fondata sul culto dell’imperatore a società capitalista leader della nano-tecnologia. Per anni “giapponese” è stato sinonimo di affidabilità. E di manga, vabbè, ma anche i manga hanno il loro perché, e comunque non scalfivano di un millimetro l’affidabilità giapponese. Poi in un solo giorno vanno in pappa non uno, non due, bensì tre reattori nucleari. I mari si contaminano, le foreste dei pugnali volanti si popolano di cinghialotti mutanti. Finisce che dell’efficienza nipponica non ci si può più fidare. E se non ti puoi più fidare di loro, rimangono solo gli svizzeri. E McGyver. Ma anche di quest’ultimo non sono più così sicura.

2. Nata e cresciuta in una città di mare, ho sempre pensato che il pesce che mangi sulle isole sia ineguagliabile, e visto che il Giappone è un arcipelago, cosa meglio di un bel tonno giapponese che avvolge una polpettina di riso? Ora mi permetto di avanzare qualche riserva sulla genuinità del pesce giapponese. E non importa se ti diranno che la cernia che hai nel piatto è freschissima, che basta guardarla nei suoi lucidi occhietti da pesce. Tu esercita il dubbio, soprattutto se trasforma la tua romantica cenetta a lume di candela in una serata strobo – disco.

3. Ho sempre pensato che i politici italiani detenessero il primato delle menzogne inverosimili, poi ho scoperto che il governo giapponese sostiene che la situazione della radioattività nella prefettura di Fukushima è rientrata. Un po’ come quando Berlusconi nel 2008 diceva che in Italia la crisi era passata perché i ristoranti erano pieni. Anche in Giappone sono pieni. Di cesio.

4. Quando pensi che le coincidenze non esistono e che non hai niente da temere dalla concatenazione di certi eventi, ricordati che se l’11 marzo 2011 a Fukushima il terremoto non fosse stato seguito dallo tsunami, probabilmente non si sarebbero verificati danni alla centrale nucleare. Pensaci la prossima volta che mischierai vodka e birra decidendo subito dopo che non ci sia niente di male a chiamare il tuo ex. A volte uno tsunami sarebbe un atto di misericordia

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5. Si stima che alla fine delle operazioni di bonifica, sul suolo della Prefettura di Fukushima ci saranno 22 milioni di metri cubi di scorie radioattive. Se nei prossimi anni a Palermo accanto alle campane del vetro spunteranno i cassonetti del polonio, sapremo quale mafia avrà vinto l’appalto per lo smaltimento dei rifiuti giapponesi.

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Federica D'Alessandro

Palermitana, avvocato. Fosse per me starei tutto il giorno a leggere e scrivere. Come in prima elementare, insomma. Nel 2015 ho pubblicato la raccolta di racconti “Dieci piccole cose per occhi attenti”, Robin Edizioni.

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  • Ah, quindi vodka e birra e telefonata all'ex, consigli di no? Ok... buono a sapersi

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Pubblicato da
Federica D'Alessandro

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