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Quei momenti in cui “devi stringere”…

A differenza della maggior parte delle persone comuni, quando sono agitata mi passa la fame e mi viene il cagotto.

Finché dura il lasso di un giorno lo si sopporta, ma se la situazione persevera è meglio andare dal dottore a farsi prescrivere medicinali e/o integratori.

Già l’entrare nella sala d’attesa mi dà il panico, tutti che si voltano e ti squadrano, chiedi gentilmente chi sia l’ultimo e ti rispondono: TU!

Ti metti a sedere, butti l’occhio alla locazione del bagno (che-non-si-sa-mai). Qualcuno scaracchia tossendo, qualcun altro chiacchiera a voce alta, passando in rassegna tutte le malattie sue, dei suoi parenti e dei vicini di casa, roba che se per caso ti capita di incontrarlo per strada, ti gratti le balle e scappi.

Le riviste di solito sono di gossip (intoccabili, sporche o gualcite) oppure di informazione medica, per cui lasci perdere e ti metti a spippolare il telefono finché non è il tuo turno.

Entri, l’ambulatorio è piccolo e rimbomba, e da fuori si fanno inevitabilmente tutti i cazzi tuoi dalla a alla z, e, se ti azzardi a parlare a bassa voce per questione di privacy, o il medico è sordo e la devi alzare, o ripete urlando le tue parole: “Cagarella? E da quanti giorni, signora? Colore? Densità? Frequenza? Le capita anche di farsela addosso?” .

Vedi di tagliare la testa al toro con risposte secche e il medico inizia a palpeggiarti la pancia. Gli prendi le mani con fermezza: “Dottore la prego guardi, non è il caso”. “Ah, ho capito, la situazione è grave”.

E inizia a stilare il ricettario, riempiendolo di farmaci dal nome onomatopeico: Cagofort, Strisciàtnellemutand, Flatulènz, Meteorismcomsepiovess, Tappo-di-damigian, con una scrittura indecifrabile del tipo elettrocardiogramma, che già ti immagini il farmacista di turno (sicuramente nel caso figo e serioso) che non riuscendo a decifrare la grafia, legge i nomi a voce alta, col negozio pieno di gente che ride dietro alle tue spalle (e comunque conosco un farmacista che lo farebbe ugualmente, a spregio, anche se le medicine fossero scritte al pc).

Ringrazi, esci dall’ambulatorio coprendoti il viso con la ricetta, e ti fiondi dritta verso l’uscita, inciampando in un bastone, in un paio di stampelle o nel tavolino, giusto per aumentare la figura di merda (che fa pendant col tema).

Vai in farmacia (altra fila, mentre il mal di pancia si intensifica e saltelli accorciando il respiro) e fra medicine e integratori rigorosamente non mutuabili il conto è salatissimo.

E allora mi chiedo: cazzo, ma fra fila dal medico e in farmacia, figurette e costo dei farmaci, non era meglio se mi facevo ‘na salutare veloce ed economica spremuta di limoni?
Lucilla Masini

Lucilla Masini, nata a Lucca di cuore toscano, donna mancata, medico mancato, arredatrice forzata, umorista per vocazione.

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Lucilla Masini

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