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Le analisi del sangue nel post lockdown

Dal Covid al momento me la sono scampata, ma dai miei problemi di ormoni impazziti quello mai. Avrei dovuto fare gli esami del sangue, ma poi c’è stato il lockdown e poi è finito ma tanto all’ospedale per il prelievo non ci sono andata. Un po’ per paura e poi ho pensato ci sarebbe stata una coda da tre isolati come quella ai supermercati, che tutti avrebbero dovuto stare a casa, ma a tutti serviva improvvisamente la farina per fare il pane.

La super trendy pagnotta da lockdown, quella che se non la fai sei out. La pagnotta da postare su Facebook, che te la schifa pure il cane stremato da mille passeggiate che non sa più cosa pisciarsi. Non la mangia nemmeno il quadrupede di casa, ma i Like son soddisfazioni e comunque nel segreto del bidone della spazza, nessuno andrà mai a rovistare.

Prima no, ma adesso sì e mi faccio scrivere l’impegnativa dal mio medico di base fantasma, che di persona non ci puoi andare. Le mando un semplice whatsapp con quello che mi serve e lei mi manda la ricetta o l’impegnativa senza far domande.

In pratica il mio medico adesso è un pusher on demand, che voglio provare a chiederle la ketamina che non si sa mai.
L’impegnativa arriva puntuale sulla mia mail e vado a far l’esame. Una struttura vicino casa, che vado sempre lì ma stamattina la porta automatica non si apre. Cerco un campanello e non vedo il cartello, però vedo un’infermiera che si sbraccia da dentro.

Leggo il cartello, alla mia destra c’è una specie di pad montato su un cavalletto: “Avvicinarsi prego. Temperatura normale” dice una voce campionata supersexy mentre vedo la mia faccia nello schermo.
La porta automatica si apre e entro nel film di fantascienza. Mi avvicino al primo desk per il triage, quello dell’infermiera che si sbracciava e magari imprecava pure, ma per sua fortuna ha la mascherina e non ho potuto leggere il labiale.

Scopro che avrei dovuto prenotare, ma oggi ho più culo che anima e una persona ha appena disdetto.

L’infermiera mi lancia una biro e una montagna di fogli da compilare. Un quiz che però non si vince niente e dove la risposta necessariamente deve essere NO o chiamano i Corpi Speciali e ti internano nell’Area 51insieme ad ET.

Tutti NO, però acconsento a tutto che c’è troppo da leggere e spero non mi recapitino a casa un comodo materasso in comode rate con una comoda batteria di pentole in omaggio. Compilo vado a pagare il ticket e torno dall’infermiera mascherata che mi consegna altri fogli. Ancora? Ancora. Altri fogli, acconsento a tutto, mi arrendo senza condizioni.

Finalmente entro a fare l’esame del sangue ma, mentre la dottoressa sta per infilarmi l’ago squilla il mio cellulare. “Risponda pure, signora” mi dice gentile.

Sarebbe stato meglio non rispondere che è il mio commercialista con altri fogli da compilare e altro sangue da versare.

La Principessa Astronauta

Torinese, classe 1967 quelli della X Generation, quelli troppo impegnati a distruggere per impegnarsi a costruire. Negli anni ’80, sono stata la prima cantante donna di metal estremo in Italia, praticamente la quota rosa ero io. Ho sperimentato il sessismo e usato il sesso e qualche manata ben assestata, per combatterlo. Rossa come le fragole che sono zucchero, ma se sei allergico magari poi ci resti secco.

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