In questi strani giorni di quarantena, l’Italia si dimostra un Paese di Santi, Poeti, Cantanti, Corridori, Virologi, Medici in Prima Linea, ChiudiamoTuttisti, SoloUnInfluenzisti, CazzoForseNOnEInfluenzisti, IfrancesiSonoStronzisti, Europeisti, NonEuropeisti, HaStatoSorosisti, Depressi, Iperattivi, Atleti.
E Cuochi.

È durante la quarantena, nel chiuso della tua casuccia, che capisci quanto conti il tempo.
PRIMA, quando non avevi tempo, i tuoi erano squallidi spaghetti alla carbonara.

Ora, che hai tempo, sono fili di semola arsa Senatore Cappelli trafilati al titanio invecchiato, in emulsione dolce di frutti parziali e interi di gallina nana e polvere di latte di pecora della Sardegna orientale munto ai piedi della collina quando spunta la luna dal monte che quindi era un monte non una collina vabbè è uguale eh no scrivi bene, ajò! con intermezzi di croccantezza di guanciale di suino di Norcia scelti dal maiale stesso che a forza di stare in quarantena a Norcia ha dato di matto ma ci teneva a regalarti un po’ di pancia che s’è abbrustolito da solo, impiattato in pietra lavica nera con un fondo di foglie d’oro. E pepe.

La frase va detta di fila, senza prendere fiato: a “croccantezza”, di solito si sviene.
Ma meglio! Così si sta più leggere.

Leggere, sì.
Perché, dopo 13 giorni di quarantena, hai la panza di un tedesco di 45 anni l’ultima sera di Oktoberfest. Cosi ti butti su Google e cerchi “ricette sane e leggere”.
LEGGERE!

Eh.
Cioè, leggere ok. Ma le volevo con la roba dentro.

Prendiamo le crêpes: ricetta senza uova, latte e burro.
“Così, sono più leggere”!
Grazie al cazzo: è farina tonda.
Poi magari, dato che sono così leggere, ci metti due etti di Nutella eh?

Crêpes senza uova, latte e burro.
Ma perché?
Che ti hanno fatto le uova?
Sono tra le cose più sane e saporite del mondo.
Per cucinare senza uova, devi mettere intrugli complicati, trasformati, masticati e rigurgitati da un chimico olandese sadico con i capelli da scienziato pazzo.
E il latte?
Esiste un prodotto che esce bello pronto dalle mammelle delle mucche o delle capre, sano, gustoso, naturalmente ricco di proteine, vitamine e sali minerali, e tu vai a cercare il “latte di soia”?
Perché?! La soia è un cazzo di legume! Come il fagiolo e la lenticchia.
Hai presente quanta lavorazione serve per trasformare in latte una lenticchia?
Davvero pensi sia più “sano”?
E ti stupisci se sei ancora zitella?

E l’olio?
L’olio, maledetti voi?!?!!?
Abbiamo l’equivalente dell’oro puro: l’olio extravergine di oliva.
Ne ha anche il colore.
E tu mi metti l’olio di lino o di sesamo?
Che deperiscono appena si aprono le porte del supermercato bio, costano come una Porsche Cayenne e sanno di rancido.
Sì, era ora che qualcuno lo dicesse!
SANNO DI RANCIDO!
Avete presente il sapore delle mutande di vostro nonno, dopo che si è fatto a piedi l’ascensione al Sacro Monte? A giugno? Coi pantaloni di velluto?
Ecco: quello serve a rifarvi la bocca dopo l’olio di lino, talmente SA DI RANCIDO!

Lo zucchero grezzo di canna.
Aahaahahahaahaahahahahahahahhhhhahahahahahahahahahahahhhaahahhhahahaahhahhhahhhhahahahha….
Ma dai… sul serio?
Lo zucchero grezzo di canna?
Detto così, come se mi decantassi le qualità della Vergine Maria?
Sul serio?
“Eh ma sai… lo zucchero di canna è più sano…”
Sorrido, intenerita.
E cito il Centro Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione:
• la molecola dello zucchero di canna e quello bianco è la stessa, il saccarosio
• entrambi forniscono 4 kcal per grammo
• lo zucchero bianco è solo saccarosio, quello ‘grezzo di canna’… anche! Ma con dentro dall’1 al 5% di melassa che gli dà quell’aroma un po’ diverso
• Punto.
Riassumendo nutrizionisticamente in tre parole:
• è
• zucchero,
• efaingrassareuguale!

con la differenza che, se lo metti nel caffè, ci mette un po’ più di tempo a sciogliersi.
Così, per scaldarlo, metti il caffè nel microonde (che, fammi indovinare… è molto bio, no?). Un goccio di latte di soia et voilà: il tuo caffè è pronto.
Ora lo puoi prendere, buttare e farti un goccetto dell’olio di fegato di merluzzo che ti dava nonna, che non è niente male in confronto.

Il sale rosa dell’Himalaya.
Non rosa qualunque, eh?
Dell’Himalaya.
Senti come ti rotola bene sulla lingua, mentre lo dici?
Dell’Himalaaaayyyya.
Dimmelo dai…
Ti fa venire in mente Messner, vero?
Dai, a me puoi dirlo.
Messner che a un passo dalla cima che dice:
“Uh cafolo! Kuarda che bel kriztallo di sale roza ho trofato kui a 8mila metri, appezo a una korda, ke sta pure per scivolarmi la mano ma non importa. Kuazi kuazi rizkio la fita, ma ne prendo uno poko, kosi la mia amika GianKarlotta afrà kualkoza di feramente naturaaaaaaahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh………….”
(spicic)
Il sale rosa dell’Himalaya.
Estratto dalle incontaminate miniere pakistane di Kewra.
Ma dico… l’hai mai vista una miniera?
Pakistana?
No, eh?
Infatti compri il sale dell’Himalaya.
Rosa.
Sai perché è rosa?
Non perché “è per signorine”, no.
Perché è ruggine, signora mia, RUGGINE.
Dai retta.
Fai prima a grattugiare un freno a disco sull’insalata.
Quindi, prossima volta, invece che al biomarket passa dal meccanico.
Se serve, io ne conosco uno.
Pakistano.

E il formaggio senza grassi
Il latte senza lattosio
La pasta senza glutine
I biscotti senza zucchero
La maionese senza uova
Il sushi senza pesce
Il pesce senza lische
Le lische senza gatto
Il gatto senza peli
l’uomo senza barba
gli spaghetti alla carbonara senza uova, senza guanciale, senza pecorino, senza pepe e senza spaghetti.
Vi do un piccolo suggerimento, amiche.
Leccatevi un piatto vuoto e non rompete i coglioni.
Davvero.
Che qui c’è gente che è in quarantena e molto, molto suscettibile.
Buon appetito.

Ps
questo articolo è stato scritto nel pieno rispetto dei vegani.
Rispetto delle distanze di sicurezza, intendo.
Statemi ad almeno a un metro e tutto andrà bene.

Per tutti i muniti di qualche intolleranza alimentare, vera o presunta che sia: scusate.