La prima cosa in assoluto che ti viene in mente quando la punta del pancione solca tronfia la passerella del lido, è che finalmente puoi rilassart… Ah no, è che devi pisciare.

Sai che originalità.

La minzione frequente è una costante inaugurata dal timido primo getto sul test di gravidanza iniziale, a mo’ di sparo sulla linea di partenza: da lì in poi, dovrai misurartici ogni singolo secondo della tua esistenza da donna in dolce attesa (e non è che dopo le cose migliorino, anzi).

Quindi ok, tutto bellissimo, figo davvero, ma nemmeno ti spogli che cerchi di capire dove siano le toilettes, come funziona con la chiave, tutte quelle cose lì; patti chiari, amicizia lunga. Che poi, dove sia la dannata chiave, i bellimbusti dei bagni non te lo dicono subito: fanno cenni vaghi. “Ce l’ha un’altra signora, aspettiamo un attimo che torni“.
Della serie “sulla sdraio dovrai stare finché un 5 o un 8 non compare”. E te ne stai ferma pazientemente un turno intero. Nel frattempo, cerchi di lavorarteli, gliela devi lentamente conquistare, sottrarre, carpire, come fai al pranzo di famiglia con la ricetta del pan di spagna perfetto ad una zia troppo taciturna.

Che poi, bellissimo l’ombrellone in seconda fila. Bello davvero. Comodo. Quando non sei incinta. Perché ad ogni viaggio della speranza verso il bagno devi ripercorrere puntualmente TUTTA la passerella a ritroso: a fine giornata, in pratica, te danno la conchiglia del cammino de Santiago.
(Sì, lo so che voi vi fate la pisciatina di soppiatto in mare con la scusa di rinfrescarvi: sappiate che siete brutte persone. E lo sono anch’io, a volte.)

Ci sono signore spalmate beatamente a pancia in giù a prendere il sole o a scarabocchiare il Bartezzaghi. Sono così vistosamente a loro agio in quella posizione, che ti invogliano ad andare su Google a vedere quanto vorrà un fresatore per farti un grosso cerchio sulla sdraio, in modo che possiate starci anche tu e il pancione. Sempre che quelli del lido te lo facciano fare. Massì, dai, in fondo basta guardarti…
Gambe gonfie come un rospo della savana occidentale, con certi capillari in evidenza che manco i reticolati di Google Maps. Bianca come la strega delle Cronache di Narnia, che le lampade non le puoi fare, e le ore più calde no, e protezione alta like no tomorrow, che sei una bomba a orologeria di ormoni e se si ammucchiano sulla pelle, sei matta?! Poi ti si creano le macchie.

Sei praticamente progettata per generare compassione nel prossimo. Mentre te ne stai diligentemente sul fianco sinistro. Dio, un’esistenza intera di fianco sinistro. Ci mangeresti pure, ma temo che il triclinio non vada più di moda.

Una cosa fantastica quando vai al mare incinta è che non devi più fare quella cosa faticosa del trattenere la pancia in pubblico. Anzi, meno trattieni, più la gente ti riserva solo sguardi di tenerezza e ammirazione.
A meno che tu non te ne vada in giro in topless e col pancione. A quel punto ti guardano come se fossi il tassello fuori posto che fa crollare la piramide del matriarcato.
Per fortuna non è il mio caso, perché, insomma, non è proprio un bello spettacolo aprire al pubblico la visione della nuova Latteria Soresina.

Comunque, è bello starsene sdraiate a riva nell’ora migliore: le sette di sera, quando la spiaggia lentamente si svuota. Quando i gabbiani vengono a prendersi il loro spuntino. Quando il chiasso tace, respiri pace e si sente tiepido il sussurro della bonaccia. E magari lei in quel momento inizia a muoversi, si fa sentire e ti accarezzi il pancione, per risponderle e ristabilire una connessione. Ti ricordi quanto sia così bello e unico. Ti senti in linea con l’intero Universo.

Se non fosse che devi pisciare.

E nessuno ti ha ancora dato quella c…avolo di chiave.