Ho letto il lungo memoriale che ha scritto Loris Bertocco prima di andare in Svizzera per farsi togliere la vita.
Un altro caso di suicidio assistito, direte voi, un altro che non ce l’ha fatta più a sopportare la propria malattia. E invece no, questa volta è davvero diverso. Questa volta Loris voleva continuare a vivere, lo voleva con tutte le sue forze. Lo ha voluto per 38 lunghissimi anni, devastanti per chiunque ma non per lui. Lo ha voluto quando a 19 anni è rimasto paralizzato a seguito di un incidente. Paralizzato.
A 19 anni.
On/off.
Si è impegnato tra fisioterapia e cure dolorose, ha subito numerose ricadute. Tutte documentate.
Anno, mese, giorno.
Ha voluto vivere nonostante la progressiva perdita dell’autonomia, poi della vista.
Immobile e cieco.
Ha voluto vivere ugualmente con una forza d’animo micidiale, con mille interessi, la radio, l’impegno politico e sociale, gli amici, i volontari,
la madre instancabile e la famiglia. Ha voluto vivere dopo la fine del suo legame con Anamaria, una donna italo-brasiliana che si è schiantata nella fatica delle cure quotidiane, perché è un lavoro massacrante assistere un invalido totale.
Ha voluto vivere e lo ha potuto fare finché lo Stato lo ha aiutato economicamente, consentendogli di pagarsi un’assistente preziosa e fondamentale. Ma ha dovuto arrendersi quando questo aiuto è venuto meno, quando non è più stato in grado di fare fronte alle cure e all’assistenza. Quando si è visto rifiutare i fondi che sarebbero destinati proprio a persone come lui ma che, guarda caso, a persone come lui spesso non vengono erogati.
È qui che ha detto basta, Loris.
Leggete, per favore, il suo educatissimo e civilissimo memoriale.
http://www.repubblica.it/cronaca/2017/10/12/news/io_loris_bertocco_la_mia_vita_e_la_mia_scelta-178025336/
Non fa nomi, ma cita con precisione ogni passaggio. Ricorda tutto, annota ogni cosa; chi SA di avergli tolto la speranza e quindi la vita, si vergogni almeno un po’.
Perché il suicidio, qui, non c’entra niente. Questo è un omicidio. Loris Bertocco lo ha ucciso chi non lo ha aiutato quel minimo indispensabile a non spegnere l’ultima fiammella di speranza.
Che brutta fine, per un combattente del genere.
Restano peró il suo amore e l’assenza di rabbia, l’incredibile serenità e la lucidità del suo racconto.
Speriamo servano a qualcosa.[:]