Odio volare.

Odio gli aereoporti.

Odio stare sospesa in aria.

Non mi piaceva stare in braccio da piccola figuriamoci stare su aereo.

“Volareeeee ooooo cantareeeee” non è la mia canzone preferita.

Ciuccio il boccettino di Lexotan come se fosse un mojito il 15 di agosto, ma non mi fa un cazzo. Incredibile. Mi fa effetto quando sono ormai arrivata.

Ho provato di tutto.

Leggere riviste inutili, libri inutili e pure a tradurre il classico depliant scritto in finlandese insieme alle istruzioni della cassettiera Billy che troviamo sul sedile. Niente. Mi fa venire nausea.

Se ascolto la musica, non riesco a sentire se qualcuno urla, piange o l’hostess che dice “Regà, buttamose perché s’è spaccata n’ala”.

Ho provato a fare le parole crociate ma, da quando ho risolto un rebus trovando la parola MORTE, ho deciso di smettere.

Faccio finta di fare la serena, la rilassata, la presa bene. Ma dentro di me: muoio, specie se ci sono bambini e questi piangono.

Magari non piangono per la paura dell’aereo, ma perché hanno fame o gli gira male, ma a me agitano. Ma che i genitori non possono ficcargli un ciuccio in bocca? Anche se ha 12 anni: mamma, esci la tetta.

Sapete che penso quando sono lì?

Alla figura di merda che farei.

Quale?

Appena sento un rumorino, una vibrazione in più, una hostess che inizia a camminare veloce per il corridoio (che voi direte, magari je scappa!), mi agito così tanto che il mio cuore inizia a battere forte come quello di un coniglio che ci dà dentro.

Ecco. Immaginatemi: sento il rumorino, penso che stiamo per esplodere, che ci schiantiamo, che è finito il carburante, che diventeremo ostaggi dell’Isis, il mio cuore nun je la fa e muoio.

Poi invece non succede un cazzo.

Tutti tranquilli, l’hostess passa tranquilla col carrelletto, il bambino di 12 anni col ciuccio che non piange. E io sono l’unica morta, l’unica con una fottuta paura di volare.

Ma che cazzo di figura di merda è?