Chiara Biasi e gli 80 mila euro.

Da qualche giorno non si parla d’altro, così attirata dai commenti e dai titoli di certi blog condivisi dai miei contatti, alla fine mi sono decisa a informarmi sull’affaire, questione che, a primo acchito sembrava di una noia mortale e naturalmente ha mantenuto perfettamente la promessa.

Ma il punto vero è un altro: questo “scherzo” cosa vorrebbe dimostrare o quali nobili umori si prefigge di solleticare nel pubblico?

Si parla di “influencer” (donna per giunta) e dunque di quello stereotipo di scarto sociale, di inutilità umana, di brufolo infetto del quale faremmo volentieri a meno perché non serve a nulla ma dà fastidio come un perizoma di iuta quando hai le emorroidi, eppure per una serie di esecrabili motivi è riuscita ad aggrapparsi a una visibilità immeritata; dunque è legittimo e giusto godere dello spettacolo della sua pubblica umiliazione, un po’ come una lapidazione in piazza di quella donna che non portava il velo o ha intrattenuto una relazione fuori dal matrimonio. Rabbia collettiva, peccato mortale di un Paese che si regge sull’invidia sociale.

Persone come la Biasi o Chiara Ferragni vengono definite influencer (punto) per delegittimare e sminuire il loro lavoro, focalizzando l’attenzione solo su un piccolo aspetto della loro attività: l’utilizzo dei social per attrarre un pubblico verso un prodotto sponsorizzato. In realtà parliamo di imprenditrici che guadagnano in modo assolutamente legittimo e pagano le tasse fino a prova contraria, ma se le definisci così diventa difficile percularle, offrirle come pezzi di carne nuda sulle tavole imbandite dei sempliciotti del web.

Chiara Biasi ha cominciato aprendo un blog che (azzardo un’ipotesi) un certo numero di persone deve aver apprezzato e adesso lavora come modella, viene pagata (poco o tanto non ci riguarda, non siamo noi a tirare fuori i soldi) per posare, esattamente come Belen Rodriguez che pubblicizza una linea di intimo o la sconosciuta signora che presta il volto per promuovere una montatura di occhiali.

E’ un lavoro che esiste da-prima-della-prima “nonna Ace” e del più famoso “bambino Kinder” e non si capisce per quale motivo debba sembrare strano che una donna che vive del suo lavoro (non di furti e rapine) non abbia ragione a protestare animatamente qualora si veda ingannata sul posto di lavoro: aveva preso accordi per posare su un surf e si vede ritratta in tutt’altra situazione. Fa ridere davvero?

Ma Chiara Biasi è “solo una cazzo di influencer”, dunque un essere inferiore nella scala evolutiva, che mica fa un lavoro vero! E invece sì. Fa un lavoro vero ed è una persona.

Per quanto riguarda la frase “per 80mila euro non mi alzo neanche la mattina” che è stata interpretata dai fini pensatori del webbapprofondimento come un insulto alla dignità del lavoratore, sarebbe utile riascoltare il dialogo originale dopo essersi spogliati dei pesanti pregiudizi, ricamati ad arte dalle sapienti mani di chi ha confezionato il siparietto televisivo e comprenderne il senso vero: se il direttore di un supermercato umiliasse le cassiere chiedendo loro di lavorare esponendo il proprio corpo, con la promessa di un importante aumento in busta paga, ci aspetteremmo (spereremmo, per amor di lieto fine) che queste rispondessero che non esiste cifra in grado di convincerle a vendere la propria dignità.

Ecco, questo è il senso di:

“Ma come, ti lamenti? Ti diamo 80.000 Euro!”

“Io per 80.000 euro manco mi alzo la mattina”

Ovvero (traduco): sai quanto me ne frega di questi soldi? Io non mi umilio, non vendo la mia dignità per nessuna cifra. E prego ognuno di voi di non entrare nel merito del contesto ritenuto dannoso per l’immagine (ma un assorbente o un water, cosa vuoi che siano?) perché l’argomento sarebbe largamente fuori tema: ognuno di noi è libero di decidere a cosa essere disposti ad associare la propria immagine.

Pensate solo a un “attivista vegano” con quanto entusiasmo potrebbe prestare la propria immagine per pubblicizzare una macelleria, eppure, io non avrei alcun problema a farlo.

La cosa più triste è che proprio chi si indigna dichiarando di “spaccarsi la schiena”, chi dovrebbe difendere il valore e la dignità del lavoro, a prescindere dall’entità dei guadagni, avrebbe dovuto capire e schierarsi con Chiara Biasi.

#eInvece…