Come ogni anno torna Sanremo, come ogni anno tornano le polemiche.

Non vogliamo parlare di cachet, di vestiti, di canzoni (anzi, un po’ di canzoni vogliamo parlare), vogliamo parlare di donne. Di come, mai come in questa edizione, le donne siano state messe in un angolo, da scelte che nessuno ha ben capito, da frasi connotate da un maschilismo di cui speravamo esserci liberate e da concorrenti che, tra i loro cavalli di battaglia, hanno testi come questo:

«Lei si chiama Gioia, beve poi ingoia.
Balla mezza nuda, dopo te la da.
Si chiama Gioia, perché fa la tr*ia, sì, per la gioia di mamma e papà».

«Questa non sa cosa dice. Porca tro*a, quanto ca**o chiacchera? L’ho ammazzata, le ho strappato la borsa. C’ho rivestito la maschera».

«state buoni, a queste donne alzo minigonne»;
«me la chi*vo di brutto mentre legge Nietzche»;
«ci scopi*mo Giusy Ferreri »;
«lo sai che fotti*mo Greta Menchi»;
«lo sai voglio fott*re con la Canalis»;
«queste put**ne con le Lelly Kelly non sanno che fott*no con Junior Cally»

C’è evidentemente un blackout di sistema se a Sanremo, punta di diamante della programmazione annuale della Rai, si decide di avere come concorrente un cantante che parla di fatto di stupro, di femminicido, di donne trattate come carne da macello. Una persona che parla agli adolescenti, suo pubblico principale, e lo fa in maniera consapevole utilizzando queste parole. Come lui tanti altri, vi avevamo già parlato di Skioffi e qui la storia si ripete.

In questo Festival in cui le donne sono state scelte per la loro bellezza e per il loro saper stare dietro un uomo e in cui personaggi come Chiara Ferragni vengono considerati esempi negativi e quindi non invitate (Chiara Ferragni, una donna che è indipendente, madre, imprenditrice, icona e rifermento per tutte quelle donne che vogliono farcela da sole, simpatica o antipatica ma prima di tutto libera), o Rula Jebreal presa, scartata e infine ripescata, NOI NON CI RICONOSCIAMO. Noi a questo Festival diciamo no. E diciamo no alla Rai, la prima industria culturale del paese, finanziata con i soldi di noi tutte che si rende complice di scelte come questa.

Per questo motivo come redazione di Syndrome Magazine abbiamo scelto di sostenere Non una di meno con la richiesta, che sappiamo ovviamente essere irrealizzabile ma che può far capire forte e chiaro come la pensiamo, di estromettere Amadeus e Junior Cally dalla kermesse e di devolvere i loro cachet a sostegno dei centri antiviolenza.

Sarebbe un segnale forte.

Ma anche solo un semplice: “scusateci, abbiamo fatto e detto una cazzata” potrebbe essere un buon inizio.