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Odio l’8 dicembre.

Mia madre mi ha sempre costretto a fare l’albero e il presepe. Fare è un parolone, perché alla fine il mio contributo era pari a zero. Non potevo decidere il colore delle palline, non potevo decidere dove posizionarle, non potevo mettere le luci “perché richiede una rigorosa grazia che non ti è mai appartenuta”, non potevo nemmeno accenderle per vedere se funzionavano “perché se no si fulminano”.

Io sostanzialmente dovevo stare lì, ma non si sa perchè, dovevo esserci, un po’ come la prozia della nonna della cugina dell’amante di mio zio Mariuccio ai pranzi di Natale… non ti si caga nessuno durante l’anno ma al pranzo ci devi essere.

I miei compiti erano i seguenti:

1. -“Passami le palline…non quella…quella più grande..no..l’altra…no quella a destra…vbb Laura…faccio io”-

2. – “Rosso, oro, blu o argento?”

– “Oro!!!!”-

– “No, argento”-

3. -“Dove stai mettendo quella pallina?”-

– “Qui, mamma!”-

– “Ma insomma, come puoi metterla qui? Non vedi che creeresti un dislivello e leveresti equilibrio tra queste e quelle palline?”-

Capite bene, che per me l’8 dicembre è sempre stato un trauma. E’ come se le sorti dell’universo appartenessero al nostro albero, avrebbe potuto causare l’allineamento dei pianeti e il conseguente cambio di rotazione terrestre.

L’unica cosa figa dell’8 dicembre in casa Magnani?

I Rolling Stones a manetta. Bè, anche mio padre non tollerava mia madre l’8 dicembre, e quale modo migliore per non sentirla?

-“Marco, ma perché non metti un cd natalizio? Così fa atmosfera”-

-“Perché Micheal Bublè mi sta sulle palle, fa i miliardi lavorando due settimane all’anno”-

-“Ma è Natale…”-

-“Esticazzi?”-

Silenzio.

Rolling Stones.

E anche quest’anno è andata.

 

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