La mia psicologa dice che sarebbe una buona cosa, ogni tanto, imparare a guardare la mia vita come se fosse un film. Dice che non bisogna vivere sempre tutto così in prima persona, sobbarcarsi di tutte queste emozioni.

Cioè, secondo voi se io avessi voluto smettere di vivere la vita al 100%, non mi sarei già fatta fuori?
Dice, sì, vabbè, ma si può vivere anche al 50%. Anche prendi tre, paghi due. Si può rateizzare, in alcuni casi.

E certo! Io adesso vado al cinema e mi ascolto il film dai bagni.

Cioè, io ho pagato un biglietto, ho il diritto di soffrire bene!

Per esempio quella volta che io ero tornata dalla grande città al paese, e il mio cuore squacquariava per “male di vivere”.
Io avevo avuto la quasi certezza di essere “solo sua amica” fino a quando lui non mi ha detto “spegni il cervello, baby”, e improvvisamente era già la sera successiva: io mi sono ritrovata nella sua macchina, tutta in tiro e pronta per il secondo round, che ci sarebbe stato dopo la birra con i suoi amici…
E tac: mi ha informata che il cervello lo devo riaccendere e che il sesso non è una firma.

Niente, è solo un film: io pensavo di stare in Pretty Woman e invece sono capitata in Sex and the City, dove the City è un paese di diecimila anime scarse con i vecchietti che giocano a scopa davanti al bar, e the Sex è tornare a casa con i lividi da freno a mano nelle cosce dopo corse arruffate in orti privati senza cancello.

E alla fine mi sono chiesta: “Che canchero avrà voluto dire veramente?”

Ma non ho fatto in tempo a darmi una risposta: l’indomani “male di vivere” mi passa a prendere per andare a Pasquetta. Così, come se non ci fossimo detti niente. E io, che non mi passa nemmeno per l’anticamera di trasformarmi in regista, ci vado.

Quando tutti si sono sbufarati di lasagna, agnello con le patate, casatiello e vino fino alle orecchie, e stanno andando via, arriva una macchina e dalla macchina esce una ragazza, bella, bionda. “Male di vivere” mi chiede se mi va di sedermi con loro per un altro giro di drink. La compagnia si è dileguata. La bionda gli si siede sulle ginocchia. Io resto seduta accanto ad osservare la scena, ma sono quasi astemia.

Le Pasquette dalle mie parti si fanno in campagne sperdute dove non solo non passano taxi gialli nei quali ti puoi infilare dopo una corsa sui tacchi e fuggire nel tuo loft, ma non esistono nemmeno gli autobus, e se sei fortunata ad avere parenti prossimi automuniti, sta’ sicura che saranno troppo lontani.

Quindi siamo io, “male di vivere”, e una bionda di nome Chantal seduta sulle sue ginocchia, che di professione fa… l’infermiera.

Se la mia vita fosse un film, perciò, ne deduco che sarebbe un film porno di Telecapri.

Dottoressa, mi scusi, in questo cinema c’è il telecomando?