Se c’è una cosa che io odio è correre, e non parlo della corsa sportiva, no, quella è una specie di pratica religiosa, ed io, si sa, sono atea.

Parlo del continuo correre quotidiano: ti svegli e corri a lavoro, a lavoro corri per rispettare le scadenze e gestire gli imprevisti, con un neurone sempre proiettato avanti di un paio di ore per pianificare il resto della giornata. Questa che io definirei una corsa affannata per arrivare alla fine della giornata, viene comunemente detto multitasking e dicono che, noi donne, siamo bravissime a farlo. 

Dicono che siamo le migliori, anzi, visto che ci viene proprio naturale e non ci pesa, perchè non aggiungere ancora compiti su compiti alle nostre già affollatissime giornate?

Per fortuna c’è la tecnologia che ci aiuta ed il mio telefono è praticamente diventato un timer che non fa altro che squillare per ricordarmi gli impegni della giornata:

h: 10:00 – prenota il pranzo, altrimenti non mangi

h: 11:30 – riunione

h: 12:30 – ritira il pranzo

h: 13:00 – prendere bimbo (sì, potrei scordarmelo)

h:13:10 – estetista (che si sa no, una ceretta all’inguine a pausa pranzo è il top per migliorare la giornata!)

E così via fino a sera! Io, ormai, mi sento ingabbiata in questa enorme fregatura del multitasking e non riesco ad evitare di pensare cosa posso fare per ottimizzare ogni minuto per guadagnare del tempo per fare ancora altre cose.

Signore, qui non si stacca mai. MAI

Oggi per esempio ho fatto la doccia: visto che ci sono, perchè non iniziare a pulire tutto il box mentre il balsamo è in posa? Non vorrai mica sprecare questi 2 minuti a rilassarti! Poi non contenta, visto che mi avanzavano 10 minuti, ho deciso di provare quella maschera per il viso superesfoliante-levigante-purificante, e mentre la tengo in posa, vado a mettere l’arrosto in pentola, piego il bucato, costruisco una nave pirata, fino a che sento un timer che suona, di che sarà? Non lo so, ma alla fine della mattinata avevo un arrosto crudo e la faccia che cadeva a pezzi!

Insomma, io sono stanca! È come si fa a non esserlo?

E quindi inizio davvero ad apprezzare tutte quelle situazioni che mi mettono forzatamente in pausa. Le trasferte, preferibilmente in treno, sono le più belle! Di solito ti costringono a delle alzatacce terribili, però poi vuoi mettere? Grazie Trenitalia di non avere mai il wi-fi funzionante sui treni, o di avere carrozze così sovraffollate dove il pensiero di lavorare non lo puoi nemmeno portare con te, lo devi lasciare in stazione. Con le mie note doti da funambola, dopo aver opportunamente messo il lucchetto alla borsa e legato con la catena la valigia alla gamba, posso solo mettermi a leggere un bel libro o, se sono ben puntellata fra tutti i pendolari, osare un sonnellino. Senza sensi di colpa, tanto cos’altro potevo fare?

Oppure le code dal medico: si sa, la salute è importante e nessuno vi biasimerà se dovete fare una visita. E si sa anche che il tempo di attesa in questi casi è estremamente variabile, quindi cuffiette (per filtrare le chiacchiere da sala d’attesa) e finalmente posso ascoltare, ma ascoltare davvero, facendo solo quello, quello che voglio! L’ultimo brano della Pausini tradotto in russo, il messaggio vocale di un’ora e un quarto della vostra amica che si è lasciata con il ragazzo, oppure abbandonarsi alle chiacchiere della stanza… e schiodarci un sonnellino.

Mi raccomando però, quando tornate a casa o in ufficio, lamentatevi tantissimo della terribile perdita di tempo, altrimenti vi scoprono!