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sanremo

Baglioni, Vanoni, Vecchioni non dovevate andare a Sanremo.
Volevamo ricordarvi come eravate, “maglietta fina”, “appuntamento”, “luci a San Siro”.
E invece no, avete scelto “luci a Sanremo” e lì mi è caduto il Fa diesis.

E’ stato come ritrovare l’amore quindicenne, quarant’anni dopo: un photoshop al contrario, uno specchio deformante, un botulino impazzito che hanno trasformato un ricordo perfetto in una realtà da vomito incoercibile, tipo Esorcista prima maniera.
Siete cantanti? Cantate, cantate e basta.
Niente immagini. Canzoni fruibili solo con le orecchie come, d’altronde, la fisiologia imporrebbe, canzoni ad occhi chiusi come, peraltro, la vera musica esigerebbe, canzoni cantate e basta, come la grammatica, in questo caso, cacofoneggerebbe.
Per capirci: qualcosa tipo “The Voice” ma con il tasto girapoltrona bloccato.
Baglioni, Vanoni, Vecchioni, con questi cognomi da scontatissima rima baciata mi avete rubato l’illusione, mi avete strapazzato il ricordo, mi avete frantumato il sogno di eterna gioventù che non esiste più ( e io lo sapevo, lo sapevo ma c’era proprio bisogno di ricordarmelo a colpi di lifting?).
Lei, solo Lei, la più grande di tutte, la Dea del pentagramma, aveva capito tutto e prima di tutti.
Lei che non si vede ma c’è più di tutti i cantanti di tutti i Sanremo, di tutte le ere geologiche.
Lei, la Mina vagante nel buio che ci acceca con la sua voce, paroleparoleparolesoltantoparole per noi.
E musica, ovviamente.

Baglioni, Vecchioni, Vanoni e compagnia cantante siete ancora in tempo. Sappiatelo, potete scegliere: l’ immortale voce vinilica, esplosiva come una Mina divina o il patetico mascherone canotteggiante color sabbia, deflagrante come un petardo bagnato.
A voi la scelta.[:]