Ma quanto è diventato complicato fare la spesa? Da quando ho deciso di diventare una consumatrice  “attenta e consapevole”, andare a fare la spesa è diventata una fatica.
E poi non è che hanno fatto un bel manuale unico e definitivo di tutte le cose che va bene comprare, che uno vive a pane e acqua per una settimana mentre lo studia e poi è a posto per sempre, no. Ogni giorno un servizio, un articolo nuovo, una scoperta e devi di nuovo aggiornare la tua lista delle cose che va bene comprare oppure no.

Nella speranza quindi di poter aiutare voi consumatrici attente come me, ecco il mio personalissimo manuale per fare una spesa non dico consapevole, ma meno casuale.

La prima cosa che ho imparato è stare attenti alla provenienza, e qui il mio sistema è esclusivamente empirico, ovvero: se non so da dove proviene, non lo compro. Certo, questo si scontra con le mie enormi lacune in geografia e mi porta a scartare non solo il 90% del globo terrestre, ma anche una serie di province italiane (ad esempio BT? Il mio elenco delle targhe è fermo al 1999!).
Possibile soluzione al problema: se voglio proprio comprare una cosa, prima studio, così oltre a mangiare meglio divento anche meno capra!

Poi la frutta e verdura. Se le mezze stagioni non esistono più, per il reparto ortofrutta non ci sono nemmeno le stagioni intere: ciliegie a Natale e arance a ferragosto, a prova di voglie di donne incinte. Diventa difficile non cadere nei tranelli che ti aspettano ad ogni angolo e scegliere quello che dovrebbe essere di stagione. In questo caso ripensate a quello che vostro nonno seminava nell’orto e … ok, la verità è che quasi nessuno ha idea di come sia fatto un orto. Qui però applico il principio economico della domanda e dell’offerta (grazie prof. di economia!): se ce ne sono tanti e costano poco, probabilmente è il momento giusto per comprarli! Tranne le banane. Mi hanno sfracellato talmente tanto la testa con la questione delle banane, che nel dubbio non le compro, e se devo prenderle, le nascondo manco fossi Johnny Stecchino.

Passata di pomodoro esclusivamente del sud, perché “tengo cuore terrone”!
Il km0 per me è un concetto estremamente relativo, nel senso che decido io il punto di partenza: se abito in Sicilia, compro roba siciliana, se abito in Toscana, compro roba siciliana lo stesso perché il mio punto zero è sempre lì. E non ammetto repliche su questo!

Microplastiche ne vogliamo? No? Allora attenti al sale! Per fortuna che quando è arrivato il momento dell’anno in cui ho finito il sale, avevo da poco beccato l’articolo di greenpeace, così davanti allo scaffale ero preparatissima: provenienza geografica, produzione, colore, aspetto, sapevo tutto, e dopo un’analisi comparativa meticolosissima di mezz’ora di tutto il reparto, ho comprato… quello che uso da 10 anni. Allora qualcosa la sapevo anche prima!

Dentifricio, senza scatola di cartone, per ridurre gli imballaggi, così queste multinazionali del cartone imparano a voler inscatolare ogni cosa, e poi il cestino della carta in casa mi ingombra un casino, meglio non riempirlo troppo.

Su zuccheri, farine raffinate, sciroppo di glucosio, pesticidi, grani antichi, nuovi, italiani e saraceni soprassediamo perché mi sono già stancata solo ad elencarli.

E l’olio di palma, la più grande isteria collettiva dopo le scie chimiche? Dopo che hanno iniziato a sostituirlo e che ho provato le merendine all’olio di oliva che sembra di mangiarti l’insalata a merenda, io dico Sì all’olio di palma, tanto ne è rimasto talmente poco in giro che penso di poter sopravvivere.

E poi arrivo al reparto dolci, e lì ogni controllo svanisce, perché per tutto l’impegno che ci hai messo fino a quel momento, una gratificazione consapevolmente dannosa non te la vuoi concedere?