La barbisa (nome che rimanda a un noto marchio di borse e accessori) non è altro che l’organo genitale femminile in dialetto milanese, e questo è solo uno degli innumerevoli soprannomi che noi italiani le abbiamo affibbiato.
Vediamone alcuni:

Belàn. In realtà questo nomignolo che rimanda a una nota soubrette argentina, non è altro che la vagina, detta in savonese.
Broddoi. Qui si vola in Sardegna. Del resto si sa, gallina vecchia fa buon broddoi.
Chitara. Saliamo fino al Trentino, in cui evidentemente preferiscono suonarla. L’importante è avere un buon organo di accompagnamento.
Cozza. Espressione di origine barese. A Bari le donne sono bellissime, evidentemente il riferimento è dovuto alla ‘forma’.
Cuniglia. Così viene chiamata in Calabria, in quanto ricorderebbe il muso di coniglio. Non a caso i conigli mangiano le carote (ehm)
Fagiana. A Firenze la chiamano così, forse per fare il paio con l’uccello.
Fessa. Nomignolo campano che rimanda ad una spaccatura. Nel senso che tanti uomini si spaccano in due per averla.
Folaga. Sempre di uccelli si tratta, ma sforando nel campo delle specie protette, a Ferrara.
Fresca. Espressione di origine umbro-marchigiana, da riferirsi evidentemente a chi apre spesso le gambe per prendere aria.
Fiora. In Veneto amano raccoglierla nelle aiuole, forse per farci il mazzo.
Gnagna. A Genova il soprannome onomatopeico rimanda a qualcosa di gommoso, indigeribile.
Michetta. A Dolcedo in Liguria la chiamano così. Questo nome indica anche un dolce tipico locale, con marmellata di fichi. Un caso? Non credo.
Ndacca. Tacca, incisione, in alcune zone della Campania. (E non fa una piega!)
Nicchio. Così la chiamano a Messina. La forma è quella in tutto il mondo, c’è poco da dire raga.
Ossobuco. Termine volgarmente usato nei Castelli Romani, e direi che qui non c’è niente da aggiungere.
Pagghiaro. Letteralmete “pagliaio, fienile”. Nomignolo affibbiatole a Taranto quando evidentemente non esistevano ancora le cerette.
Pataràcia. Sempre lei, da immaginarsela pronunciata da Giovanni di Aldo Giovanni e Giacomo, ma a Chioggia.
Pepaina. Termine avellinese, derivante da un peperoncino rosso. (Ocio al cunnilingus, che brucia)
Picu. Dialetto salentino, in contrapposizione a Pica, l’organo genitale maschile. Se non sei del posto rischi d’incasinarti forte.
Pisaia. Espressione dialettale Romagnola (Credevo pisana)
Poscia. Così la chiamano in alcune zone della Campania. (Poscia, nel senso ‘dopo te la dò, ma dopo’)
Pilluttu. Cagliari. Già mi immagino la scena di uno che chiede la ‘pilluttu’ a una donna, questa ride e se ne va.
Rigoverna cappelle. Antico Toscano Illustre (rigoverna nel senso che le mantiene lucide)
Sbrago. Così la chiamano nella periferia ovest di Reggio Emilia, in cui pare che le donne facciano almeno 100 figli a testa.
Sissina. Francesismo napoletano, evidentemente riferito alla famosa principessa. Per quelle che se la tirano.
Topa. Toscano, adatto soprattutto alle donne irraggiungibili.
Vulva. Nome corretto della vagina in lingua italiana, di benign-ana memoria.

E adesso scusate, vado a rispondere al messaggio di un sardo morto di Su Cunnu.