vita precaria

Come si racconta una vita da precaria? Partendo dal Centro.

Vivere in una piccola stradina del Centro è bello. Non c’è che dire.
Tutto a portata di mano, vicoletti, negozietti, palazzotti, biciclette, profumini emanati dalle piccole osterie. Insomma tutti quei vezzeggiativi che rendono la quotidianità più piacevole. In un posto del genere si impara a godere delle piccole gioie della vita. Il bar a due passi, il panificio dietro l’angolo, il traffico limitato alle biciclette. Persino scoprire che sotto casa apriranno un negozio di t-shirt, e non una friggitoria, può renderti felice perché è vero che hai una passione per i cibi unti, ma ami anche aprire le finestre e la puzza di fritto in casa … anche no.
Ecco, a proposito, forse un dettaglio che rende un po’ complessa la vita in una piccola stradina di un piccolo centro storico sono gli anche no.
Ad esempio, potresti avere accesso gratis alla ZTL perché sei residente ma anche no: devi pagare lo stesso.
Potesti riuscire a dormire ma il pub più frequentato della zona è a uno sputo da casa tua. E lo sputo non è un’unità di misura della distanza che hai scelto a caso. Immagini spesso di reagire al chiasso nei modi più triviali. Ma poi non lo fai perché va bene il nervosismo ma sputare … anche no. Non hai mai avuto una buona mira.
Potresti non venire a conoscenza di tutti i dettagli della vite altrui, ma anche no. Perché le commesse dei negozi sottostanti parlano e sparlano dalla mattina alla sera, per strada.

Potresti persino buttare la spazzatura come tutti i comuni mortali, nei cassonetti o con la raccolta differenziata porta a porta. Ma anche no.
Perché se vivi nel Centro storico, non puoi lasciare i secchi fuori il portone per la raccolta ma devi portarli dove ci sono tutti gli altri cassonetti. E lo fai tranquillamente, perché il vantaggio di vivere in Centro è che, anche per buttare l’immondizia, devi fare solo due passi. Poi però, un giorno, trovi un cartello giallo e verde con un avviso: “Dal 25 Maggio, i cassonetti si apriranno con un sistema di riconoscimento magnetico”. Quindi, potresti ricevere a casa la tessera apposita. Ma, ovvio, anche no. Così vai a fare la fila al Comune per ritirare la tessera. Ovviamente all’ultimo momento perché il brivido di rimanere senza tessera e trasformare la casa in un centro di smistamento rifiuti è pur sempre un’emozione forte, nella routine della tua vita da precaria, in Centro.
Così, la mattina, poco prima che lo sportello del Comune chiuda (vedi la ricerca del brivido di cui sopra) ti fai una bella passeggiata tra i turisti del Centro, i bar del Centro e la luce di fine mese che annuncia l’arrivo dell’estate. In Centro. Quando arrivi in Comune, sei rilassata e lanci sguardi di consenso e solidarietà a una tua omonima che ha dovuto ripetere 8 volte che potrebbe chiamarsi Erika,  Federica,  Rita,  Errica. Ma anche no: lei è Enrica. Non fai neanche tanta fila e, in meno di un’ora, avviene la consegna della speciale tessera che ti aprirà, finalmente, le magiche Porte dell’Immondizia del Centro. Anzi te ne danno due, fortificando il sospetto che tu abbia scritto in faccia che sei una distratta cronica che sarebbe capace di perdere qualunque cosa nel giro d un nano secondo. Poi, a sorpresa, ti danno un simpatico regalo: il secchiello dell’organico.
Secchiello che:

1- avrai difficoltà a collocare perché, si sa, gli appartamenti del Centro non sono tutti super attici.

2- dovrai portare a mano fino a casa.

Ma non è un problema, perché tu puoi annoverare scene peggiori, come ad esempio l’aver fatto jogging nel parco con un gambaletto color carne incastrato nella zip del cappuccio. Il che vuol dire aver sfrecciato, certamente senza grazia, con un calzino volante a mò di bandiera che ha mostrato a tutti il tuo pessimo gusto in fatto di calze e la tua proverbiale distrazione nel fare il bucato. Dopo questo, nulla può spaventarti. E così hai passeggiato fiera per tutto il Centro storico di Pisa con un secchio per i rifiuti organici in mano che, tutto sommato, è più efficace e pratico di molte tue borse. Insomma, si potrebbe dire tanto della tua vita ma, a conti fatti, questa è la migliore metafora di una qualunque giornata, di una vita da precaria in Centro.[:]