Stranger Things, anni 80

Qualcuno li ama per il trash.
Qualcuno li ama per il fluo.
Qualcuno li ama per i Duran Duran.
Qualcuno per i scalda muscoli e le giacche con le spalline.
Qualcuno li ama solo perché ci è nato: sono gli anni 80 e sono tornati. Anzi, forse non se ne sono mai andati realmente. Sono ovunque e io, personalmente, li sto ritrovando molto nelle serie tv. E cosa provo? Difficile a dirsi.

Io sono figlia degli anni 80 ma sono cresciuta nei 90 e mi sento più vicina ai camicioni grunge di flanella che ai glitter. Eppure sentirli nominare o vederli rappresentati mi prende allo stomaco, come un formicolìo. Anzi come una nostalgia. Non ho mai capito bene finché non ho visto Stranger Things.
Strangers Things è una di quelle serie tv che ti fanno mentire agli amici che vogliono organizzare il week end:

“No, non posso uscire oggi, ho mal di gola, 37.3, dice che è virale, meglio non rischiare, le ricadute, le epidemie, le pandemie, la fine del mondo, la fine delle mezze stagioni, potrei causare troppi danni: meglio stare a casa” (In realtà tu vai a correre anche con 38 di febbre).

“No, non posso venire alla sagra del porcino, sto ancora digerendo il kebab di agosto. (In realtà tu digeriresti anche i tavoli in legno massiccio che allestiscono alle sagre e usi i digestivi solo per fare spazio ad altro cibo).

“No, non posso venire, devo fare alcune commissioni per mamma (Generico ma sempre utile perché le “commissioni per la mamma” non si discutono).

Insomma esistono 1000 scuse per una sola verità: “Voglio restare a casa da venerdì sera a domenica per guardare tutta la seconda stagione di Stranger Things”

Che poi non è che questa sia una serie particolarmente originale:
ragazzini che si muovono in bicicletta e affrontano problemi apparentemente più grandi di loro; mostri oscuri che fanno sparire cose e persone; famiglie perfette, mamme incasinate,  sceriffi rudi ma di buon cuore, complotti governativi.

Una fantascienza ‘semplice’, senza elementi super tecnologici o effetti super speciali.

Perché allora tanto clamore per questa serie?

Perché “bruciarsi” un fine settimana per guardarla no-stop?

Alla fine dell’ultima puntata, dell’ultima stagione, dell’ultimo giorno del week end, dell’ultima caramella dell’ultimo pacco… ho capito: è tutta colpa delle cose strane, le Stanger Things, il SottoSopra che nel film è rappresentato da una dimensione spazio temporale, con tanto di portale per accedervi, ma nella realtà non è altro che la metafora delle nostre stramberie, il nostro wilde side, il dark side, quell’oscuro aspetto di noi stessi che a volte neghiamo, a volte accettiamo, a volte dimentichiamo,a volte invece ci sovrasta.
Chiunque abbia sentito, almeno una volta nella vita, la presenza del proprio personalissimo SottoSopra non può non amare questa serie.

Non è importante aver conosciuto l’epoca anni 80, perché è rappresentata con una semplicità e una nostalgia che lo spettatore non può riconoscere.

La nostalgia della possibilità di vivere un’avventura, quella di riscoprirsi e essere “eroi per un giorno”, tanto per citare una delle splendide canzoni di questa serie che, tra le altre cose, ha anche una colonna sonora eccezionale.

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