Provo un’invidia e un’ammirazione sviscerata per chi ha la passione dell’autolavaggio. Da quando si sono diffusi quelli a gettone, vedo gente che lava, aspira, lucida, sbatte tappeti a ogni ora del giorno e della notte. Pure ora che fa -6 (ne sono certa) c’è qualcuno che mi sta umiliando intorno a rulli che girano, ma non graffiano la carrozzeria, esibendo al fin, autovetture lucide come pannelli al silicio, capaci di riflettere la luce del sole fino a Plutone.

Vada per il maschio medio italiano che storicamente pare trovar la sua compensazione penica nelle auto di una certa cilindrata, all’interno delle quali suole indossare solo preservativi in feltro, come le pattine di bis-nonnica memoria, ma tu femmina della mia specie, che vivi in uno di quegli appartamenti immortalati nelle riviste di arredamento, dove nulla è fuori posto e nessun granello di polvere è ammesso alle tue cene apparecchiate di fiandra bianca e cristalli di Boemia, tu che ti destreggi fra gettoni, pompe e pelli di daino, danzando leggiadra in ogni stagione sul tacco dodici d’ordinanza, con tappetini animalier, perché esisti?

Perché anche tu come me, non sei alla guida di un cumulo di cenere color nebbia, cangiante fra il grigio talpa e il nero caligine? Perché anche tu, come me, non effettui la raccolta differenziata sul sedile posteriore dell’immondo mezzo di trasporto, o direttamente nel baule, dove persino il bell’Alberto Angela potrebbe perdersi durante gli scavi archeologici?

Perché sfidi l’ira delle miti auto-sporco-munite, col tuo Suvvone lindo 365 giorni su 365? Se poi un giorno ti sentissi dire che mangi tutto ciò che vuoi senza ingrassare e di natura non sai nemmeno cos’è la cellulite, sappi che lancerò il mio cumulo di cenere a tutta velocità direttamente sui tuoi cristalli e sulla fiandra bianca. Così un po’ siamo pari.