Che odio generasse odio, ne siamo ormai consapevoli, ma da un po’ di tempo a questa parte questo odio si riflette sui social e sulle piattaforme online dando vita all’ HATE SPEECH.

No signore, non è il linguaggio “sporco” in camera da letto, il caro vecchio dirty talk si é allargato ed é dilagato a tutti e da tutti. Ricordo ancora il mio adorato nonno inveire contro il tg1, tg2, tg3, tg 3 Piemonte, Studio Aperto (ah no quello no). Il buon nonnino affabile con tutti e gentile con il prossimo al momento del telegiornale assumeva forme e colori stravaganti, come il suo linguaggio. Poi andava nell’orto reindossando il suo sorriso sdentato. E nessuno sapeva di quel suo lato oscuro.

Ora urliamo, tutti.

Sempre.

A chiunque.

In qualsiasi momento.

Sotto i post, nei tweet, sulla nostra bacheca. Insomma, sembra fondamentale dover sempre dire la nostra. Ma lo facciamo nello stesso modo in cui lo faremmo faccia faccia con il nostro interlocutore?

Mentre nella sua casa il nonnino inveiva contro la tv, l’hate speech é un vero e proprio incitamento all’odio, non contro un singolo, ma contro una massa di persone o categorie, prevalentemente contro le minoranze.

Quante volte ci capita di leggere sotto ad un post che non presuppone nessuna opinione, una valanga di commenti negativi e soprattutto cattivi? A prima vista può sembrare che uno sbraiti contro qualcosa, in un post di qualcun altro e un altro ancora legga i commenti. Ma siamo sicuri che questo non abbia nessuna conseguenza sugli altri? Ce l’ha eccome.

Quindi nel 2020 odiamo di più che nel 2000?

Forse si. Lo psicoterapeuta Michele Ferraud ci spiega i motivi durante la conferenza sulle violenze di genere promossa dal progetto Rosso Indelebile. Chi fa hate speeching moralmente se ne sbatte. “Tanto lo fanno tutti.” “Mica l’ho scritto solo io.” “Lo scrive anche quello o addirittura anche quel gruppo di persone.” Quindi come una ciliegia tira l’altra, l’odio tira l’odio e si perde la responsabilità di ciò che si dice.

Il leone da tastiera non può nemmeno vedere la reazione emotiva dell’altro, neanche mio nonno ma lui gridava contro il technicolor! Si crea così una vera e propria deumanizzazione della vittima che sta leggendo. Ma chi sono le vere vittime del linguaggio dell’odio? Le minoranze.

E tra tra tutti qual è la categoria più attaccata? So che non l’avreste mai nemmeno immaginato, ebbene sì, le donne. Quindi cara che leggi, che pubblichi, avrai sempre qualcuno che ti attaccherà solo per il fatto che sei donna.

A seguire vengono attaccati gli omosessuali e i migranti. Quindi se sei donna, lesbica e di colore probabilmente hai vinto! Ma consolati, perché un 2% viene ancora riservato agli ebrei.