Lo dico subito: questa cosa qui che sto per dire non fa ridere.

Casomai fa piangere.

E non piangere di commozione, di gioia, di emozioni. Fa proprio piangere perché la situazione fa cagare.

È triste la situazione delle donne. In Italia, nel mondo, qui nel mio ufficio alla scrivania accanto.

Iniziamo col dire che il coordinamento Non una di meno viene dalla coalizione argentina Ni Una Menos, nata come mobilitazione contro la violenza di genere.

(Avete mai notato che i nomi sudamericani sono già pieni di pathos da soli? Già ti dicono che c’è da piangere e contorcersi. Come le soap operas, che dici: “telenovelas” ed è già tutto un fazzoletto smoccolato. Manuela… Topazio… Los ricos también lloran – che poi è Anche i ricchi piangono… bei tempi quando tutte volevamo essere Verònica Castro e Grecia Colmenares – under 30 prego astenersi da facce interrogative).

Comunque, tornando a bomba, oggi è l’8 marzo e Ni una menos/Non una di meno ha organizzato (praticamente in tutto il mondo) un grande sciopero generale (delle donne/con le donne) con 8 punti di riflessione:

1. cambio delle politiche sui centri antiviolenza, contro una loro trasformazione in centri assistenziali e per il superamento delle politiche emergenziali;
2. pieno accesso alla giustizia contro ogni forma di violenza di genere;
3. accesso ai servizi sanitari che garantiscano aborto e parto sicuri, contro l’obiezione di coscienza, per una maggiore informazione e assistenza rispetto alla contraccezione, alle MST e alla sessualità, oltre il binarismo di genere e l’eteronormatività;
4. rivendicazione del reddito di autodeterminazione e di un salario minimo europeo per uscire dal ricatto della precarietà e dall’obbligo di lavorare sempre di più;
5. per le donne migranti: permesso, asilo, diritti, cittadinanza e ius soli, contro la gestione securitaria del sistema di accoglienza e contro il razzismo istituzionale e la violenza di Cie e frontiere;
6. educazione e formazione come strumenti primari per prevenire e contrastare la violenza di genere e per sviluppare un sapere critico verso le relazioni di potere tra i generi;
7. costruzione di spazi collettivi liberi da episodi di violenza e sessismo, affinché il femminismo non sia un tema specifico, ma una chiave di lettura dell’esistente;
8. contro l’immaginario mediatico misogino, sessista e razzista, che discrimina o vittimizza, contro la mercificazione dei nostri corpi.
Ora, solo una pazza potrebbe non essere d’accordo con questi punti… Ma quindi scioperiamo?
Beh, lasciatemi dire che io sono un po’ dubbiosa sulla bontà dello strumento. Cioè, secondo me questa volta il mezzo non è proprio il messaggio (con il beneplacito di Marshall McLuhan – Tranquille, c’è su wikipedia: potete andare a leggere chi è…): io oggi in aula ci vado.
E vado proprio per spiegare ai miei studenti le ragioni della protesta e discuterne con loro. Ci vado per rispondere a quella chiamata in cui si dice che, giustamente, si devono usare “educazione e formazione come strumenti primari per prevenire e contrastare la violenza di genere e per sviluppare un sapere critico verso le relazioni di potere tra i generi”.
E Syndrome lavorerà oggi.
Ah, come lavorerà.
Lavorerà più che gli altri giorni, per farvi ridere e piangere, per farvi sorridere e divertirvi, per prendervi in giro e farsi prendere in giro (ma con affetto eh), per imparare tutte insieme a non prenderci sul serio e per urlare non contro ma insieme all’altra metà del cielo che la libertà e la dignità delle donne è più forte e più importante di qualunque pregiudizio, di qualunque differenza e di qualunque violenza.
Aiutateci anche voi a urlare questo messaggio. Fatelo al supermercato oggi pomeriggio, davanti alla tv questa sera, nel locale di spogliarello con le amiche. Vestite il vessillo della protesta: abito nero e accessorio fuxia (che poi, guarda un po’, sono i colori di Syndrome) e dite a qualcuna delle vostre amiche anche anche voi l’8 marzo lottate.
Ma poi ditelo anche domani.
E dopodomani.
E il giorno dopo ancora.
E se arrivate a dirlo a 50 persone che lo diranno ad altre 50, che lo diranno ad altre 50… Entro fine mese trovate l’uomo della vostra vita (o la donna). Ah, se non ci fossero le catene di S. Antonio!