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scuola

“Prof, cazzo, si inginocchi!”

Ha urlato proprio così, lo studente bulletto di Lucca, ripreso in un video -diventato virale – dai compagni di classe sghignazzanti.
Ha urlato questo ed altro al povero e arrendevole prof di Italiano, un pacioso 64enne, che, se non ho letto male, sarebbe ormai quasi prossimo alla pensione,  più che meritata, vista la situazione ambientale in cui si è trovato a vivere e a lavorare negli ultimi tempi.
Apriti cielo. Il video ha sollevato un’ondata di indignazione sul bullismo scolastico, sulla mancanza di disciplina, sui giovani maleducati e le famiglie assenti.
Sono scattate denunce e sospensioni, mea culpa e altre ammissioni, mille episodi simili, anche peggio di questo, raccontati in un peana a puntate da esausti docenti di tutta Italia.

E a me è venuta in mente la mia prof di Latino del Liceo. Bionda, piccola, 65enne.
Entrava in aula, si fermava sulla soglia, ci guardava seria e tutto si paralizzava. Noi studenti, la bidella, i fogli sui banchi, i poster alle pareti, le pareti, la finestra. Tutto si congelava all’istante.
Poi scattavamo in piedi come un unico corpo ed un’unica unità dell’esercito e recitavamo in coro “Buongiorno, prof”.
“Seduti”, sibilava lei con un filo di voce.
Ecco. Il tono della voce della mia prof di Latino era sempre bassissimo.
La prof di Latino non alzava mai la voce. Sussurrava ai cavalli, cioè a noi, povere bestie, con tono pervaso da sopportazione per le nostre castronerie e per tutti quegli anni di genitivi e dativi sbagliati, perifrastiche inculcate a forza nei cervelli imberbi di molte successive ondate di studenti, di colloqui con genitori apprensivi o arroganti, di riforma e controriforma della scuola, di sveglia all’alba e serate a correggere le versioni.
La prof di Latino non urlava e non concedeva a nessuno la minima confidenza. Se qualcuno osava interromperla, veniva trafitto da un’occhiata simile a quella che Medusa riservò ad Ulisse, capace cioè di pietrificarti e materializzare nel tuo cervello l’immagine di un 4 in pagella istantaneo.
A nessuno dei miei compagni, nemmeno ai due più scalmanati, venne mai in mente, in quei 5 anni di liceo, di mettersi a fare i pagliacci in sua presenza. Proprio non gli veniva l’ispirazione.

Tutto questo per dire che forse, cari insegnanti, al netto delle vagonate di responsabilità delle famiglie sul fronte educativo, qualche piccola responsabilità per il circo Barnum che prende il via durante le vostre ore di lezione potreste avercela anche voi.

L’errore è credere di poter essere amici dei propri studenti (errore rosso: così come è altrettanto sbagliato credersi amici dei nostri figli).

Non pensate di poterli incantare con due battute e tre scemenze: i vostri studenti vi sgamano subito, capiscono se siete un insegnante serio e preparato o uno che tira a campare, demotivato e svogliato.

E soprattutto, guai a lasciar correre i primi accenni di anarchia e rivoluzione durante le proprie ore di lezione: vanno stroncati subito, sul nascere. Il che non significa creare un clima di terrore, ma mostrarsi serenamente inflessibili sulle questioni importanti.

Tornando al professore di Lucca, ho letto sul giornale che ha pure giustificato il ragazzo, cercato di minimizzare e tentato di ridimensionare l’accaduto.

Forse perchè, in ginocchio, ci stava già da un pò.

 

 

 

 

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