persone che parlano donnese e dicono bla-bla-bla-
Ormai si sa che nel XXI secolo globalizzato sapere le lingue è essenziale.
Tanto più se la lingua in questione è parlata dalla metà degli abitanti del Pianeta, e conoscerla può fare la differenza tra una relazione appagante e un lungo inverno in compagnia di Netflix e della pizza a domicilio del locale sotto casa.
Questa lingua è il donnese.
Il donnese è una lingua che noi donne impariamo fin da piccole, quando per qualche ragione assurda ci insegnano che è più educato rispondere: «no, grazie» anche se volevi un secondo pezzo di torta, quando ci persuadono che per essere più desiderabili dobbiamo sottrarci a delle avance che invece avremmo accettato, quando, insomma, sdoganano una forma di schizofrenia relazionale che per estirparla ci vogliono dai 50 ai 70 euro l’ora a settimana. Per un paio di anni.
Il problema è che questa lingua la impara soltanto una metà della popolazione mondiale, mentre l’altra metà si prende i bis che noi educatamente rifiutiamo, avanza le sue avance altrove e, soprattutto, comprende la regola che, a conoscerla anche noi, farebbe del mondo un posto migliore: “sì significa sì, no significa no”.
Ma quello è l’uomese.
Oggi, invece, studieremo, in ordine crescente di importanza, cinque classiche espressioni in donnese che, se opportunamente decodificate, alleggeriscono la vita di tutti.
1) «Com’è la nuova collega, carina?».
No, caro mio. La donna che ti rivolge questa domanda non ti sta chiedendo davvero se la nuova collega sia carina. A voler essere ottimisti ti sta chiedendo: «In una scala da 1 a 10 dove 1 sta per “Oh, cielo! Hanno bussato dopo mezzanotte, chi sarà mai?” e 10 sta per “Gli alieni hanno invaso la Terra e non faranno prigionieri”, quanto mi devo preoccupare quando non rispondi al telefono mentre sei al lavoro?».
A una domanda del genere, pertanto, non rispondere MAI: «Sì, è carina». Ma neanche, (come fanno certi ingenuotti convinti di tradurre dal donnese come una madrelingua ma che non sono neanche al livello A1): «È così brutta che la mattina allo specchio si lava i denti a occhi chiusi», perché se poi la doveste incontrare per strada e lei scoprisse una vaga somiglianza tra la nuova collega asserita cessa e Scarlett Johansson, di te non resterebbero che le briciole.
Dovrai rispondere con noncuranza, come non avessi compreso il peso specifico di quella domanda a trabocchetto, magari spiazzandola con un:
«Sai, è volgare».
A meno che la tua fidanzata non usi un trucco sobrio alla Moira Orfei o non sia rifatta come Valeria Marini. In quel caso potrebbe recepirlo come un: «È chiaramente la nuova donna della mia vita, fai le valigie».
2) «Meglio di no».
In italiano ti hanno insegnato che “meglio” introduce una comparazione, mettendo in relazione due opzioni entrambe percorribili.
Scordatelo.
In donnese “è meglio di no” significa pressappoco: «Non riesco a capire come ti possa essere venuta in mente un’idea simile, mi offende il tuo solo averci pensato. Dimenticatene, e io proverò a fare altrettanto. Ora scusa ma voglio stare un po’ da sola».
3) «Fa’ come vuoi».
Cosa sarebbe l’essere umano senza il libero arbitrio? Questa domanda arrovella intellettuali e teologi da innumerevoli generazioni. Ma in donnese il problema è stato risolto in maniera semplice, elegante e indolore. “Fa’ come vuoi” significa “Fa’ come voglio io e nessuno si farà male”. D’altra parte lo diceva anche Sartre, con un certo rammarico, che “l’uomo è condannato a essere libero”. Ebbene, solo finché non ha una donna accanto. A quel punto può appaltarle quel pezzo di libertà che non sa gestire. E la cosa bella è che lei non si aspetta neppure che tu le dica grazie.
4) «Va bene».
“Va bene” richiede contestualizzazione, è vero, ma se siete in un momento di tensione e il “va bene” arriva in chiusura, allora puoi essere sicuro che non sia un buon segno: una risposta così concisa proveniente da una donna non è mai un buon segno. Per natura tendiamo ad argomentare fino allo sfinimento ogni nostra decisione, quindi dovresti sempre allarmarti quando la risposta può essere pronunciata con una sola emissione di fiato. Ancora più temibile la variante scritta via whatsapp: “va bene.” Il punto è il segnale che ti conviene raddrizzare la rotta. Ed è comunque una magnanima chance di redenzione e ravvedimento operoso. Non lasciartela sfuggire.
5) «Non ho niente».
L’evergreen, la più temibile delle risposte. Narra la leggenda che i marinai di Ulisse, poco prima di essere tramutati in porci, avessero chiesto a Circe: «A Circè, tutt’a posto, bella de zio? C’hai ‘na faccia! Qualcosa non va?» [N.D.R. la leggenda narra altresì che i marinai di Ulisse parlassero in romanesco] e lei avesse risposto: «non ho niente».
L’insidia del “non ho niente” sta nel fatto che, data la adamantina certezza che abbiamo qualcosa, questo qualcosa è probabilmente abbastanza ridicolo anche ai nostri occhi, tanto da non volerlo ammettere, ma non insignificante al punto da rinunciare alla possibilità che chi di dovere ci arrivi da solo. Ovviamente la comprensione di quel qualcosa da parte tua, sarà la prova schiacciante che non fosse poi così ridicolo.
Per questo “non ho niente” è tanto pericoloso.
Il mio consiglio, dunque, è di ignorarlo e aspettare che passi la tempesta: vai a fare la spesa, aggiusta il lavandino che perde, fai ordine nel cassetto dei calzini, porta il cane a lavare… Ma mai, per nessuna ragione, insisti con una domanda del tipo: «Dai, sul serio, che c’è che non va?».
Non puoi pronosticare la reazione. E nella peggiore delle ipotesi lei potrebbe persino spiegarti davvero cos’è che non va.
E poi i cocci sono tuoi.

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