Ho fatto un errore tremendo, colossale.
Ho regalato l‘iPhone a mia madre.

Da allora non vivo più.

Mia madre è una donna di mezza età, moderatamente petulante, piuttosto fastidiosa e con un sacco di tempo libero.

Non avevo calcolato l’effetto “rottura di coglioni” che questa mia scelta avrebbe prodotto.

Mia madre mi telefona ogni giorno.

L’iPhone non si accende. Lei schiaccia quel bottone lì, che le ho detto IO ma il cell non si accende: quindi è colpa mia.

Mia madre confonde tutto: Messenger, Whatsapp, Gmail. Tutto uguale, per lei sono la stessa cosa. E stare dietro all’universo delle sue attività è micidiale: mi toglie il sonno.

Messaggi che arrivano e scompaiono, fotografie spedite non si sa a chi “ma almeno eri vestita, mamma?”, discussioni con gente che manco sappiamo chi sia ma che tra un po’ ce la ritroveremo davanti all’uscio di casa imbestialita, armata e pronta a fare una strage.

Insomma, un delirio.

Mia madre mi chiama a qualunque ora ma non sa mai dire dove sta realmente il problema da risolvere. E io perdo il filo dei miei pensieri, annaspo cercando di interpretare quale sia l’app che non si apre, di capire perchè ci sia una riga nera e gialla che le attraversa lo schermo e come mai la password di accesso a Facebook improvvisamete non vada più bene.

Lei insiste, non cede e se anche provi a svicolare “ho gente in ufficio, non posso parlare”, sbuffa e si incazza a mille, facendotela pesare.

Per non parlare della vergogna che provo a leggere i suoi status su Facebook. Perchè ok, passi la grammatica stentata e tutta una serie di refusi dovuti alla vista appannata ma la mamma è anche una che commenta senza tanti francesismi e spara sentenze ad alzo zero.

Non ha capito che Facebook è fatta per il relax e il cazzeggio occasionale. Quindi ironia zero, acidità e sarcasmo come se piovesse e io che disperatamente intervengo nelle sue esternazioni tentando di buttarla sul ridere, giusto per non innescare faide famigliari dagli esiti nefasti.

La sua capacità di utilizzo dello smartphone ha peró un risvolto diabolico.

Io me la immagino sempre appostata davanti al tavolo della cucina con l’iPhone acceso davanti, tesa e concentrata come un avvoltoio a qualunque ora. Zitta e guardinga.

Non appena vede che io – latitante da giorni con la scusa del troppo lavoro – scrivo un commento, ecco che immediatamente mi telefona.
“Ciao! Ho visto che ti eri connessa, quindi non lavori, no? Perchè avrei due o tre cosette da chiederti…”
E via che si ricomincia.

Un inferno.

Ora perdonatemi ma ve lo devo dire: sto per chiedere asilo politico in Lapponia.
Là sono sicura che la Wind non prenda.

Addio.