Questa pandemia ha fatto danni assurdi, a chi si è ammalato, alla nostra economia, a tutto. In particolare si è accanito contro chi già era in svantaggio, anziani, bambini e donne o meglio mamme.

I primi li ha decimati. Mhhh, bravo, facile prendersela con i vecchietti chiusi in una rsa (certo, la scelta di alcuni politici di mandare i malati a “svernare” proprio in quelle stesse rsa può avere un filino acutizzato la faccenda).

I secondi li ha imbavagliati, resi soli, allontanati dagli amici. Gli ha tolto tutto, le coccole delle maestre, le corse in cortile, le gare a chi attaccava più caccole sotto il banco, il lancio del purè e dei pisellini in mensa, lo scambio delle figurine, i primi amori, tutto e li ha chiusi in casa con genitori nella maggior parte dei casi nevrotici per la combo figli-lavoro-partner h24 sotto lo stesso tetto.

Le terze, va bè, che ve lo diciamo a fare, noi terze siamo sfigate da sempre. Il virus ci ha colpito un po’ meno rispetto agli uomini, in compenso come quasi tutte le mammemamme ci siamo dovute sorbire chat di classe, lezioni su meet, zoom, stipendi ridotti, lavori saltati, nervi esplosi, il ciclo e pure la ricrescita.

Questo perchè sì, questo è stato un virus subdolo. Certo, ha anche avuto una bella dose di aiuto questo virus nell’affossare le tre categorie sopra citate, mica ha fatto tutto da solo. No no. Insieme alla burocrazia ha dato il colpo di grazia.

Così siamo arrivati a giugno, la scuola è finita, la dad è finita, i bambini si sono salutati via video chat (anche se ormai si incontrano tutti al parco, ma vabbè), le mamme dopo quattro mesi di colazione-pranzo-merenda-cena-lavati le mani-spegni la tele-chiudi il pc-posa il telefono-lascia il tablet-zitti che ho una riunione-mi scusi per il caos in sottofondo, sah i bambini– hanno scoperto che per settembre ancora non c’è nessuna certezza.

Fino ad ora abbiamo stretto i denti, ci siamo impegnate, abbiamo fatto del nostro meglio anche perchè non avevamo alternative, ma ora siamo quasi alla fine di giugno, non sappiamo quando la scuola riaprirà. Inizio settembre? Metà? E le elezioni? Si starà in classe? Tutto il giorno? Mezza giornata? E la dad? E mica posso lasciare i bambini a casa? E ma se non vado a lavorare perdo il posto e come si fa? La babysitter mi costa quasi come quello che guadagno. E via con i tormenti, le notti in bianco, i mal di stomaco. E’ vero, ci sono i papà, ma è anche vero che ahimè a parità di lavoro di solito è il papà ad avere uno stipendio più alto, quindi è più facile che a tenere ben saldo il suo posto sia lui. Noi non è che chiediamo la luna, noi chiediamo di sapere che ne sarà di noi. Chiediamo perchè mentre si pensa a riaprire tutto (molti parco giochi siano ancora chiusi mentre le partite di calcio si stanno recuperando tutte con gran foga) nessuno abbia ancora avanzato un’idea seria su cosa sarà la nostra vita a settembre.

Perchè non tutte le mamme hanno un lavoro a tempo indeterminato, blindato, con orario 9-17 e stipendio garantito, possibilità di smart working a prescindere da tutto. Perchè questa incertezza sta scatenando faide orribili, le freelance contro le dipendenti pubbliche, quelle in cassa integrazione contro chi ha il bonus babysitter, chi ha due figli contro chi ne ha uno solo. E questo è orribile.

Perchè no, essere mamma non è sempre bellissimo e facile, molto spesso è duro. Durissimo e le mamme sempre allegre esistono, forse, nelle pubblicità. Per il resto siamo tutte, mediamente, mamme di merda (anzi, mammedimerda come Sara e Francesca che si stanno battendo per tutte noi e con tutte noi affinchè ci siano risposte sicure). Ma da mamme di merda quali siamo, noi che in questi mesi ci siamo dannate l’anima per non riuscire ad aiutare adeguatamente i nostri bambini con i compiti, per averli parcheggiati ore davanti alla tv, per aver barato con i lavoretti artistici, diciamo no e lo diciamo a gran voce. Per questo il 25 giugno, in moltissime città italiane, ci sarà la manifestazione #noncontiamo per chiedere di dare una risposta a noi e ai nostri bambini. Per poter ricominciare a vedere un futuro, a ipotizzare di poter ricominciare a lavorare, per dare delle risposte ai bambini.

Saremo anche mammedimerda, ma lo facciamo alla grande.