In Italia, dove la mamma è sempre la mamma e dove la famiglia è al centro dei pensieri dei politici, è cosa nota che quando ci sono problemi, è la stessa famiglia a doverseli risolvere.

E così da quasi due mesi, con le scuole chiuse, i parchi chiusi, i nonni giustamente fuori uso perché da preservare, le ludoteche chiuse, i bar chiusi, tutto chiuso e i genitori riconvertiti magicamente allo smart working, tutta la cura dei figli, in coordinamento col lavoro, spetta h24 ai genitori.

Avete voluto la bicicletta? Ora pedalate. È quello che dicono molti.

Che non hanno figli probabilmente.

Io ne ho due, una ha 7 anni, uno 2,5. Quella del piccolo è quell’età meravigliosa in cui tutto sembra fatto apposta per arrampicarsi, saltare, aggirare, dove i pericoli non esistono e tutto è avventura e scoperta. Il lato positivo è che, con tutti gli spaventi che il piccolo mi fa prendere, il mio cuore va così veloce da poter essere considerato esercizio cardio e quindi la sera, quando torna mio marito e posso delegare o quanto meno smezzare la cura dei nostri due bambini, quel bicchiere (due) di vino lo mando giù senza sensi di colpa per la linea.

Nelle ultime settimane, non potendo sfogare fuori tutta l’energia compressa in 90 cm per 14 kg, ecco che il mio adorato bambino ha: provato a scavalcare la libreria che nel punto più alto è circa 2,6 mt, rischiato di sfondare una porta a vetri, quasi scardinato l’antina del frigo, fatto innumerevoli voli dal mio letto  mentre faceva gare di salti con la sorella, dichiarato guerra al gatto, rischiato di precipitare dal sesto piano perché ho osato allontanarmi per fare la pipì.

In tutto questo io seguo la grande nella Didattica a Distanza, ironicamente abbreviata in DAD. Che in inglese vuol dire papà. E allora perchè siamo noi mamme a dovercela smazzare? In realtà più che seguire mia figlia, io la inseguo. Per tutta la casa con quaderni, pc, schede, astuccio, appunti miei, e nella testa le voci delle maestre.

Nei momenti liberi lavoro, circa 15 minuti ogni due ore, cioè la 626 al contrario in pratica. Ma come si dice, non sono le misure a contare è come lo usi, o meglio, non è quanto lavori è come lo fai che conta.

Balle.

Se mentre lavori vieni interrotto ogni 4-5 minuti da un bambino che ha: fatto cacca, rotto un gioco alla sorella, bisogno di una mano con le moltiplicazioni, problemi con la videocall con la maestra, rovesciato un succo, allagato il bagno tu lavorerai male. Anzi malissimo. E questo ti farà sentire malissimo. Perché la fuori vogliono che tu lavori, che tu curi i figli, che tu cucini, che tu faccia la spesa intelligente possibilmente online ma a km0 perché bisogna tutelare i piccoli produttori ma senza uscire di casa, che tu ti assicuri che tutti si siano lavati le mani, che tu insegni la differenza tra foce a delta e foce a estuario, che tu faccia workout casalingo e cucini il pane con il lievito madre che quello di birra è finito.

Capite perché a una mamma, alla sera, quel bicchiere di vino serve come l’aria?

Non è un bicchiere.

E’ sopravvivenza.