Questi 34 gradi scaldano l’asfalto restituendoci gli odorosi effluvi di ciò che ha conosciuto la vita da marciapiede e che nei mesi dall’ultimo caldo è diventato tutt’uno con il terreno.

Evaporano le merde dei cani di padroni senza educazione né paletta, evaporano i vomiti superalcolici degli ubriachi usciti alle tre di notte dalle discoteche, evapora il latte versato da vivaci poppanti in carrozzina.

Ritornano all’aria gli aromi artificiali delle bigbabol e delle vigorsol esauste, i marchi territoriali d’urina dei gatti maschi in calore, i sudori degli stradini, dei vigili e dei ciclisti, gli ottani della benzina spillata rimettendo la pistola al suo posto nei distributori.

Esalano di gomma le frenate alle strisce d’arresto dei semafori, di sangue e di mazzi di fiori appassiti le curve maledette, di gasolio i bocchettoni d’accesso alle caldaie condominiali.

Ritornano a vivere effluvi di mozziconi pesti, di biglietti del tram scaduti, di foglie marce, di quotidiani gratuiti, di bottiglie di vino che hanno sfondato il sacchetto della spesa, di sputi nati nel fondo dei polmoni, di piccioni morti sotto uno pneumatico, di gelati limone e cioccolato caduti delle piccole mani di quattrenni, degli scoli dei sacchi grigi che attesero la fine dello sciopero dei netturbini.

Non smetto di fumare perché dicono che quando si smette, si sentono di più gli odori.