Mi è capitata una cosa che nemmeno nei “films”, come direbbe la Carrà. Intendiamoci, non è una roba che si può raccontare così, alla leggera. E poi riguarda il mio capo per cui figuriamoci se la racconto.
Ci mancherebbe altro.
C’è la privacy.

Vabbè, se insistete…

Prima di tutto, bisognerebbe conoscere il mio capo, il dottor Petrocco: tracagnotto, mezzo pelato, pelle unta, pancetta tonda, meridionale ma di quelli proprio terroni, geloso della moglie, autoritario, uno che fa sempre battute eleganti tipo: «Io piaccio alle donne perché sono ricco e rocco! Non ricchio, mi raccomando!». Che battutona, eh?

Il bello è che il dottor Petrocco vota pure Lega, perché ce l’ha con i meridionali, con gli extracomunitari, con gli omosessuali…

Non vi dico le battute quando in ufficio viene Abdul, il corriere: sarebbe anche un bel ragazzone nero, muscoloso, alto, solamente un po’ – diciamo… – “frou frou”.

«Abdul, l’hai mangiata la banana stamani?». E Abdul, zitto.
«Abdul, le hai lavate le noci di cocco stamani?». E Abdul, muto.
«Abdul, ma tu vivi nel Tucul?». E Abdul, niente.

E tutti giù a ridere come cretini.
Che poi, io, in privato, gliel’ho anche detto ad Abdul: «Abdul ma mandalo a fancul!».

Poi qualcuno ha fatto la spia e ha detto al dottor Petrocco che avevo parlato con Abdul. Il giorno dopo vengo convocata:
«E lei non si deve permettere! E io la licenzio! E lei non sa chi sono io!».

Ma vi rendete conto?! Ha detto “Lei non sa chi sono io!”. E io che pensavo lo dicesse solo Totò!

Io, però, non mi sono fatta intimorire e gli ho risposto a tono: «Guardi, dottor Petrocco, non faccia il prepotente, che tanto anche lei, prima o poi, trova uno che la mette sotto!».

E me ne vado sbattendo la porta!
Arrivo a casa e mi accorgo che ho dimenticato le chiavi in ufficio.
Cazzo, mi tocca tornare indietro…

Passo davanti alla porta chiusa dell’ufficio di Petrocco e sento:

«Stack! Uh! Stack! Uh! Stack! Uh!».
Di nuovo la ventola del condizionatore rotta.

«Stack Uh! Stack! Uh! Stack! Uh!».
Condizionatore? Ma siamo a gennaio….

«Stack! Uh! Stack! Uh! Stack! Uh!».
Mi avvicino.

«Stack! Uh! Stack! Uh! Stack! Uh!».
Sempre più nitido.

Apro piano la porta e per poco non stramazzo al suolo dritta e dura come un baccalà: il dottor Petrocco, calze a rete, tacchi a spillo, bodynero, era piegato a novanta gradi sulla scrivania con Abdul dietro, con la frusta:

«Stack! Uh! Stack! Uh! Stack! Uh! Bedroggo! L’hai mangiada la bbanana?».

«Stack! Uh! Stack! Uh! Stack! Uh! Bedroggo! Le hai lavade le nogi di gocco?».

«Stack! Uh! Stack! Uh! Stack! Uh! Bedroggo! Ma tu vivi nel Tugul?».

E bravo Petrocco… Adesso sì che possiamo dirlo forte: piaci perché sei ricco, rocco e pure ricchio!