Quarantena, momento di buoni propositi, di tempo di qualità, di cose che avrei voluto fare per innalzare la mia cultura e il rapporto con i miei figli, di buona tavola, di me-time e di comprensione dei veri valori della vita. Avevo pile di libri da leggere, elenchi di serie da guardare su Netflix e Amazon Prime, quattro gomitoli da trasformare in fasce e cappelli per il prossimo autunno inverno, foto da sistemare e stampare, casa da pulire, armadi da rinnovare.

Avevo un sacco di buoni propositi, nella mia testa.

La mia quarantena di non più tanto giovane madre (ridi e scherza vado per i 38 e se penso a come mi sembravano i miei genitori quando avevano la mia età, mi viene una sincope) è stata, senza tanti giri di parole, un incubo.

Niente colazioni felici, niente pranzi allegri, niente maratone di documentari mangiando pop corn, niente lavoretti fai da te, niente yoga mamma-bimba. Niente.

In compenso, tanti:

VE LO BUCO QUEL PALLONE

I compitiiiii

Oggi hai già mangiato quattro brioches, basta!

La call con le maestre la DEVI fare, non mi interessa se non sai come pettinarti

Zitti che ho una riunione

Il gatto, chi ha dato due volte la pappa al gatto che poi vomita?

Io ai Me Contro Te gliela distruggo quella webcam (che poi, sono sincera, in fondo li devo ringraziare, perchè sì Luì e Sofì saranno anche snervanti dopo un po’, con gli slime, le challenge, il bagno con mille bombe frizzanti, ma se io ho concluso qualche cosa di lavoro e i miei figli non mi hanno distrutto casa è perchè erano ipnotizzati a ripetere come robot YE YE NININì, quindi alla fine grazie)

Già perchè in questa quarantena noi siamo sopravvissuti, ci siamo limitati a manterci in vita in attesa di tempi migliori. Non abbiamo fatto bricolage perchè eravamo sfiniti, non abbiamo trasformato le patate e il sedano in spugnette con cui fare divertenti lavoretti, non abbiamo avuto la forza di trovare mille e uno usi creativi dei tubi usati della carta igienica (e dico te, papà di un compagno del nido di mio figlio, tu che tronfio ci hai mandato una foto del garage multipiano realizzato con scatoloni vuoti, stuzzicadenti, bastoncini del gelato e tubi scottex  e che hai risposto, “ma è un gioco da ragazzi”. E grazie al cazzo, sei un ingegnere! Me la pagherai, non so come, non so quando, non so in quale vita, ma me la pagherai).

Abbiamo capito che sopravvivere era il massimo che saremmo riusciti a fare.

E lo abbiamo fatto, credo egregiamente, dopotutto siamo ancora tutti qui.