Quando nasci a Ivrea e nasci femmina, hai fondamentalmente un solo sogno, essere la Mugnaia. Non fare, essere, ho proprio usato il verbo giusto.

C’è questa cosa che gira nell’aria e quando ti colpisce sei fregato, ma non come l’influenza eh, questo è un virus diverso. Non ci sono vaccini. In un momento sei fregata. Ma pure se sei uomo, sogni di essere il Generale, o più semplicemente di tirare le arance. Lo sogni così tanto che ogni volta che ti sbucci un’arancia in realtà hai un unico pensiero fisso.

Io quando ero piccola lo sognavo così tanto che mi nascondevo dietro il divano, facevo partire la videocassetta e al momento dell’annuncio del nome della Mugnaia saltavo fuori e urlavo il mio. Lo sogno così tanto da aver dato alla mia bambina proprio il nome Violetta, quello della Mugnaia. Lo sogno così tanto che, ora che sono sposata, a gennaio spero sempre mi suonino alla porta e una volta aperta trovi davanti un garofano rosso.

Ma anche se a carnevale tiri “solo” le arance, tu lo sogni così tanto che, ne sei sicuro, il profumo più buono del mondo è quello unico di arance misto a cacca di cavallo. Lo sogni così tanto che alle prime note delle musiche del Carnevale tu due lacrime le fai e non ti vergogni.

Tanti ridono davanti al nostro Carnevale, siamo un po’ folli in effetti. Uomini e donne, spesso ben oltre i 40 anni, padri e madri di famiglia, professionisti con carriere avviate,bambini, ragazzi, pensionati, tutti sporchi di succo di arancia, con divise strane, maschi con i kilt, borse a tracolla, capelli colorati, occhi gonfi, mani gonfie, labbra gonfie. Eppure tutto questo noi lo amiamo. Lo amiamo disperatamente. Lo amiamo così tanto da avere un detto a Ivrea, “al carlevè a l’è na roba seria”. Nel senso, noi ci possiamo scherzare su, possiamo e dobbiamo ridere, godercelo, ma guai se qualcuno fa un gesto per rovinarlo, usa una parola offensiva o lo denigra davanti a tutti.

Molti pensano che il nostro Carnevale sia estremamente maschio, invece è decisamente femmina. Ha in Violetta la protagonista assoluta, una femminista medievale, così forte, orgogliosa e coraggiosa che è arrivata ad uccidere il suo persecutore, il Barone che pretendeva di esercitare su di lei e su tutte le altre donne lo jus primae noctis, uno stupro legittimato in pratica. Violetta, figlia del Mugnaio, moglie del giovane Toniotto, decise che no, questa cosa non poteva e non doveva andare oltre. Non esistendo #metoo, centralini antiviolenza o sportelli per le donne fece l’unica cosa che nel medioevo si poteva fare, nascose un pugnale sotto il suo abito nuziale.

Zac, testa mozzata.

Lo dice anche la canzone che accompagna il nostro Carnevale:

… ma la figlia d’un mugnaio gli ha insegnato la creanza,

chè rapita all’uom più caro volea farne la sua ganza,

ma quell’altra prese impegno di trattarlo a tu per tu,

questo è stato il nostro segno e il Castello non c’è più.

Oggi, è successa una cosa che mai prima d’ora era capitata. Il Generale, il protagonista principale, colui che deve scortare e proteggere Violetta, vegliare su tutta la città nei giorni di festa, lui che dovrebbe al di sopra di tutto e tutti è stato destituito. Una volta c’era lo jus primae noctis, oggi ci sono le molestie via messaggio. Il tutto reso ancora più becero perché indirizzate ad una donna in una posizione decisamente più in ombra rispetto alla sua. Una donna violata nella festa che celebra la donna che ha saputo dire basta alla violenza. E allora NO. Quando un uomo, in nome di quel che rappresenta, pensa di aver diritti intoccabili su di una donna, è giusto che tutti si alzino a dire: BASTA.

Il calevè a l’è na roba seria, dopotutto.