E’ da circa otto anni, e cioè dalla nascita della mia primogenita, che la mia vita si è trasformata in un giro di centrifuga: corse per portare i bambini a scuola, slalom nel traffico per arrivare in orario in ufficio, salti mortali per recuperare la prole dai nonni e portarla ai vari corsi extrascolastici.

Insomma le mie giornate non erano esattamente una scampagnata in collina tra mughetti e lillà.

Poi è arrivato il lockdown e con lui lo smart working e la mia routine ha subito una frenata, o meglio, una brusca inchiodata mentre ero lanciata ai cento all’ora. E come tutte le frenate improvvise gli effetti si sono fatti sentire perchè mi è piombato tutto addosso.

Gestire il lavoro e una famiglia con due bambini, negli spazi ristretti di un appartamento milanese, non è stata esattamente una passeggiata di salute. C’era giusto qualche piccola incombenza da svolgere: gestire le video lezioni della grande, trovare delle forme di intrattenimento per il piccolo, evitare che il mio appartamento si trasformasse nel set di una puntata di “sepolti in casa”, tanto per citarne qualcuna. E in tutto ciò dovevo anche occuparmi del mio lavoro, perchè sì, sebbene in smart working dovevo lavorare.

Io comunque mi sono tenuta forte, e non sono caduta a terra. Ma ne sono uscita piuttosto ammaccata.

Il lockdown è finito e pian piano ho ripreso la marcia: i bambini hanno iniziato i corsi estivi, i nonni sono tornati a disposizione, la coda al supermercato è scesa sotto i 3 kilometri di lunghezza. Insomma la vita ha ricominciato a scorrere con un ritmo più normale, con un’unica grande differenza: ho continuato a lavorare da casa.

Ed è qui che ho iniziato a percepire il cambiamento. Innanzitutto mi sono potuta trasferire in campagna, lontana dallo smog e dall’afa cittadina. Ma non solo: Il tempo che prima utilizzavo per gli spostamenti ora riesco a dedicarlo ad attività più stimolanti. No, non mi scolo bottiglie intere di prosecco mentre ballo la macarena. Passo più tempo con i bambini, coltivo, nei limiti del possibile, la socialità e mi dedico ai miei interessi, infatti leggo e scrivo di più.

E, così, mi sono resa conto che la nuova andatura si adatta meglio al mio ritmo interiore. Sono una da trotto, il galoppo non è nelle mie corde. Preferisco un passo più morbido, che mi permetta di guardarmi intorno e di apprezzare il paesaggio, e anche di fermarmi ogni tanto a far bere il cavallo, povera bestia!

Di tutto ciò beneficia soprattutto il mio umore. Sono più rilassata e disponibile, meno incazzata. Mi sembra di essere uscita dall’angolo per riprendermi il centro della scena. Adesso non solo riesco a ridisegnare la prospettiva della mia vita, ma ne scelgo anche i colori.

Devo dire che la nuova modalità di lavoro da casa ha reso possibile questo cambio di passo. Ed è accaduto senza che la mia vita venisse ribaltata sotto sopra come un materasso a fine stagione. E senza che il mio lavoro ne risentisse in alcun modo. Per godermi di più la vita è bastato smettere di correre come una forsennata e avere un’oretta al giorno per occuparmi di quello che mi piace.

Non so se avrò la possibilità di continuare a lavorare in smart working e con quali modalità, anche se lo spero tanto. Nel contempo mi godo questa nuova dimensione dove al mio risveglio il mondo non mi calza più stretto, ma mi scivola addosso come un vestito morbido, che non tira sui fianchi.

Così, adesso, mentre cammino per la strada non mi saltano più fuori i rotolini.