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#fase 1.
Fare il caffè.

Ti svegli. Allunghi il braccio verso il comodino per prendere gli occhiali.
Fai cadere la crema per le mani. La crema colpisce la bottiglia d’acqua che hai a terra e che, ovviamente, sai di non aver chiuso bene.
Prima che la casa si allaghi, ti tuffi a capofitto per raccogliere la bottiglia. Ti lanci a testa bassa, il tronco penzola giù dal letto, le gambe ancora sotto le coperte. Recuperi la bottiglia, ti risollevi di scatto per compiacerti dei tuoi riflessi con Juan ma il filo del caricabatterie del cellulare si aggroviglia nei capelli e il cellulare cade.
Un disastro dopo l’altro e non sei neanche uscita del tutto da sotto le coperte.
Imprechi contro il cellulare che però fa l’indifferente e non risponde alle tue minacce di buttarlo dalla finestra, quindi te la prendi con Juan che, incredibilmente, non si è neanche svegliato.

È il momento di portare anche la seconda parte del corpo fuori dal letto, così sgusci dalle coperte anche con le gambe. Raggiungi la cucina con gli occhi socchiusi e l’aspetto raggiante di Edward Norton in Fight Club.

Vai verso la macchina del caffè.
Pigi il tastino, quello largo.
Aspetti, ma non succede nulla. Aspetti ancora. Nulla.
Spazientita, ti avvicini a un palmo di naso al tastino e ti accorgi che, no, non è il tastino: è l’adesivo che indica la marca della tua macchina per espresso e che, soprattutto, ti ricorda cos’è che cercavi, appena sveglia, sul comodino: gli occhiali.
Tu non vedi niente senza occhiali.
Ma ormai ci sei, farai prima il caffè e poi andrai a prendere gli occhiali.

Sempre restando a un palmo di naso dalla macchina espresso, premi il tastino. Potrebbero farli un po’ più grandi, comunque, ‘sti tastini. Aspetti che la macchina sia pronta, intanto ti stropicci gli occhi, ti sgranchisci la schiena piegandoti in avanti, torni su e sbadigli con l’eleganza di Baloo, l’orso de Il Libro della Giungla

Ti stiracchi di nuovo portando la schiena indietro e… Orrore. Gelo. È lì che ti fissa, è una blatta.

Nera, lucida, grassa, cromata… cinque porte, full optional, clima, finanziamento, offerta valida fino a domani, “vieni a trovarci nei nostri showroom anche sabato e domenica”… ok, no: stai divagando.
Lo fai sempre quando non prendi subito il caffè.
Adesso la uccidi. Deve morire. Ti dispiace per gli animalisti e l’ecosistema ma se non muore lei, morirai tu. E poi lei vuole morire. Altrimenti non si sarebbe fermata lì a brillare sul soffitto, sulla tua testa.
Non ha il coraggio di uccidersi e allora si è messa lì per farsi notare da me e farsi uccidere.
Sì, dev’essere così.

La luce della macchina del caffè ti avvisa che è pronta ma tu hai un compito più urgente: salvare la tua vita.
Ti sfili lenta un infradito.
Prendi la mira.
Lanci la ciabatta.

Colpisci il frigorifero.

Ok. Nessuno ha mai detto che sarebbe stato facile.
Ti sfili l’altra ciabatta. Allontanarsi per recuperare l’altra sarebbe rischioso.
Prendi la mira.
Colpisci Juan: “Eccheccazzo” dice.
Alla fine si è svegliato, dunque.
“C’è un mostro Juan, una blatta orrenda e tu dormi beato!”
Juan commenta con un’alzata di sopracciglio.
Ma non è il momento di discutere.
Forse in due potete farcela.

Juan raggiunge la tua postazione, ti allontana con fare sicuro e tu continui a seguire l’azione nascosta dietro le sue spalle.
Juan è immobile. Deve essere una tattica.
Juan è ancora immobile ma inclina leggermente la testa di lato. Strana ‘sta tattica.
“Enrica” Juan ti nomina e si gira lentamente verso di te.
“Non ti distrarre, santo cielo Juan, la blatta potrebbe approfittarne e… “”Enrica non è una blatta. È una macchia. Una macchia sul muro”

Forse le blatte hanno imparato a camuffarsi per confondere il nemico.
Ma forse, più probabilmente… hai scambiato una macchia per una blatta, per lo stesso motivo per cui hai scambiato un adesivo per il tasto della macchina del caffè: perchè non hai gli occhiali.

E  tu non vedi niente, senza occhiali.

Fai l’indifferente, ti ricomponi e sorpassi Juan con fare altezzoso per andare a recuperare gli occhiali sul comodino.
Alla quarta parolaccia, intercalata da ripetuti “Dove sono i miei occhiali?”, Juan ti raggiunge.
Gli occhiali erano in cucina. Accanto alla macchina del caffè.

Morale: non importa quanto tu sia miope. L’importante è riuscire a farsi un caffè e avere sempre un Juan pronto a salvarti

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