Dopo anni e anni e anni di tentennamenti, solo e soltanto perché l’ho visto in offerta di quelle che non puoi dire di no, ho comprato il robot da cucina.

Ho preso il robot da cucina supermega, che la pubblicità dice che ci puoi fare il cenone di capodanno per 50. Di quello che invidi alle tue amiche fighe che dall’alba della sua nascita ti hanno sempre detto che

“da quando ce l’ho non riesco a farne più a meno”.

Ne ho preso uno di quelli che predisponi la sera alle 21 per avere il pranzo pronto nel piatto alle 13.29 in punto dell’indomani. Ma mica aglio e olio, si intenda.

Di quello che, sempre le tue amiche fighe, lo hanno inserito d’ufficio nello stato di famiglia. Non fosse che c’è la y finale prenderesti pure gli assegni familiari.

Il robot da cucina per eccellenza: quello che trita, sminuzza, cuoce ad alte medie e basse temperature, impasta, monta, lievita, e c’ha pure il VAROMA.

Ma che parola è il VAROMA????

Vabbè, quella cacchio di vaporiera che prende mezzo piano cottura per capirci.

Il mio fiammante robot da cucina da 2 giorni giaceva ancora impacchettato nel mezzo del corridoio. Mi incuteva (e mi incute) un certo rispettobarratimore. Ecco perché non lo avevo ancora aperto. Fino a ieri.

Poi mi sono decisa.

L’ho aperto, ci ho levato tutta la plastica, ho tentato di montarlo e già un pochino mi sono pentita della spesa.

Caspita quanto pesa. Sembro la Parodi alle prese con i tegami le creuset che una sola vale un allenamento di crossfit settimanale.

Comincio col montarlo. Al secondo piegamento pavimento-fornello sono stanca. Ma DEVO farcela.

Metto la base, poi il pentolone, poi il pezzo per tritare. Ancora non dà segni di vita. deve fare click clack almeno un’altra ventina di volte.

C’è un manuale di circa 100 pagine da leggere. Non ce la posso fare.

È tardi, i ragazzi arrivano tra poco e io ancora devo capire dov’è il tasto on. Ripiego sul fornello. Ci penserò domani, come diceva Rossella.

Il domani è oggi: robot da cucina a noi.

Rientro a casa alle 9 dopo aver lasciato i figli a scuola e lo affronto. Mica vorrai restare lì ancora per molto tempo inattivo. Dai che oggi cucino. Ricomincio da dove avevo lasciato. Dalle istruzioni.

Ok, guardo su youtube che faccio prima. Dopo un video amatoriale di 18 minuti vedo la luce (secondo me) in fondo al tunnel.

Si accende.

Fa bip.

Sfoglio qualche pagina ancora. Provo a grattugiare il formaggio secco che avevo in frigo dall’88, dicono ottima annata per il grana.

Monto, giro, prendo la lama, aziono et voilà.

Molto orgogliosa della prima grattugiata.

Poi però lo devo smontare, capire quale pezzo possa andare sotto l’acqua, invadere tutto il piano cottura di pezzi, viti bulloni e lame e lasciar tutto a scolare nel lavello.

Che appena finisci di pranzare devi posare tutto che sennò i piatti sporchi puoi andarli a lavare nella vasca da bagno.

Okay, dai che il peggio è passato. Adesso cucino. Si è fatta una certa ma oggi cucino.

Prendo il ricettario. Anzi no.

Aspetta che prima devo capire quale programma usare. Eppure dall’app che avevo scaricato sul cellulare sembrava a prova di scemo.

Lì dovevo capire già qualcosa. Se ti mettono le istruzioni a prova di scemo, o sei Ikea o provochi gli acquirenti che si credono intelligenti.

Ancora non capisco. Eppure i passaggi sono chiari. Vabbè. Controllo anche gli altri pezzi. Le lame non vanno bene. Dovrò mica mettere sto pezzo in mezzo che agisce da mescolatore?

Prendo le verdure. Ci sarà pure una ricettina a base di verdure dalla quale cominciare. E per fortuna che siamo ad aprile e ho tempo per studiare il cenone di San Silvestro.

Il display mi chiede di scegliere nell’ordine: recipe, step, press + or -, temp., time, start.

E io ancora ho le verdure in frigo.

È mezzogiorno passato. Non ce la posso fare. Anche oggi cucino domani col robot da cucina.

O forse nel weekend che ho più tempo.

Prendo le verdure dal frigo, le taglio al volo, butto in pentola e mentre scrivo queste due stupidaggini il minestrone è pronto. Lo frullo col minipimer da 9.90 euro, nella stessa pentola metto il riso e il primo dei ragazzi è pronto.

Woman vs food cronometra:

27 minuti in fornello contro 2 giorni, 3 ore e 14 minuti con robot da cucina.

Che poi scopro che è pure un robot da cucina a 1500 watt.

Che per cuocere lì devi consumare come se stessi asciugando i capelli a tutte le clienti del salone delle Meraviglie.

Troppo tirchia io per ‘ste robe qui. Il gas costa meno. Assolutamente. Magari lo userò per grattugiarci ancora il grana.

E così, mentre apparecchio per mangiare il minestrone cotto a cottura tradizionale, mi sovviene la frase del marito di una delle mie amiche fighe di tanto tempo fa. Che lo aveva comprato quando era scapolo.

E lo aveva lasciato nel ripostiglio fino al matrimonio. Avrei dovuto pensarci prima dell’incauto acquisto.

Aveva detto più o meno così: “Quel coso che era nel ripostiglio e che mi è costato 2.000 euro fa tutte ‘ste cose? A me era sembrato un frullatore molto costoso”.
E forse, strano ma vero essendo uomo, per una volta, aveva ragione lui.