Scrivo a te, Stella d’Oriente che hai intrapreso un lungo viaggio per arrivare fino a me, splendente nella tua bellezza. Tu, abbagliante nei tuoi colori accesi, che rivelano le tue origini messicane, tu che ti tingi di rosso (o di bianco) dopo essere stata tenuta al buio, al momento giusto, nel luogo giusto, per il tempo giusto e quelli tinti non sono manco petali, ma brattee che sottendono le infiorescenze (che i pesci hanno le branchie lo sapevo, ma che le stelle avessero le brattee l’ho imparato or ora).

Tu che hai bisogno di un luogo caldo e asciutto, ma non troppo caldo e nemmeno troppo asciutto, ti serve luce, ma non diretta (come un vampiro qualunque) e acqua poco calcarea e niente spifferi d’aria.

Tu, Euphorbia pulcherrima, anche chiamata Poinsettia, da noi servi della gleba volgarmente detta “Stella di Natale”, perché arrivi a me rossa sfavillante di cellophane avvolta, con i migliori auguri e decidi di suicidarti giusto 24 ore dopo, ancor prima della Vigilia di Natale – indifferente alla sensibilità altrui, ai pollici verdi che d’improvviso si carbonizzano – trasformandoti da stella splendente in un orrendo buco nero, senza nemmeno un biglietto di spiegazioni?

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