Immaginiamo per un secondo un uomo travestito da guerriero, con un pugnale tra i denti, un tatuaggio da vichingo, il mitra sulle spalle. Bellissimo.

Corre a perdifiato dalla cima di una montagna, un grido lacerante che si perde tra le vette, sfida il vento, mentre i capelli gli sferzano il volto. Anche in movimento, è impossibile non notare la mascella squadrata, i bicipiti guizzanti, lo sguardo liquido e provocatore. Non parla, ma se lo facesse la voce proverrebbe dalle viscere della terra, da quel punto profondo che trasuda vigore e fisicità.

D’un tratto si ferma. Si dà una sistematina al mitra a penzoloni sulla spalla, tende gli addominali, scrolla una ciocca ribelle dal volto. Poi inspira una bella boccata d’aria fresca.

Sta posando per una campagna contro il fumo. Avete capito bene, il fumo. Basta con questa nicotina che strapazza i polmoni! Riempiamoci le narici di ossigeno. Il resto era contorno.

Non l’avete ancora vista?

Strano. Però avete senz’altro visto la pubblicità della Canalis, nuda per la Peta contro le pellicce su Vogue.

https://www.youtube.com/watch?v=djPigVMIq5o

Il nesso è del tutto giustificato. Meglio nuda che coperta da cadaveri. E anche il mezzo: d’altronde è una svolta moderna e consapevole quella di mostrare il corpo per cause nobili.

Ora le donne fanno ciò che vogliono. Sono finalmente libere. Hanno il potere di mostrarsi, parlare ancora no, quello non serve.

Per una volta, marketing e femminismo amalgamano gli obiettivi, confluendo nell’immagine di una donna forte, mossa da obiettivi reali.

In inglese il termine “empowerment” riassume la capacità di prendere una decisione, indipendentemente da vincoli di controllo di alcun genere.

Sessualmente, il concetto mostra un’evoluzione della donna: da oggetto passivo a soggetto attivo. Un passo da gigante che però fatica ancora a mantenere la traiettoria, e a volte inciampa su se stesso a forza di eccessi narcisistici. Da Miley Cyrus fino a Kim Kardashian, l’empowerment si misura a colpi di sedere e selfie procaci.

Sorge il sospetto che il fine giustifichi i mezzi. O meglio, che il mezzo giustifichi il fine. Che dietro al tweet di un topless ci sia effettivamente solo il topless e non la lotta per la liberazione del mondo. Che i mezzi comunicativi di massa si siano dati una spolverata ma abbiano mantenuto la sostanza degli ultimi trent’anni. E che, persino nella battaglia per l’equità, qualche volta ci scappi un interesse.

Ben vengano le donne con un bel sedere. Che si applaudano anche quelle con un sedere modesto, a mandolino o squadrato.

Ma, mentre la facoltà di scegliere come e quando mostrarlo è apprezzabile, non significa che la scelta di farlo a tutti i costi lo sia altrettanto.[:]