Con la giusta dose di pigrizia che caratterizza il nostro autunno, quest’anno io e mia figlia ci approcciamo alla piscina a novembre inoltrato, appena in tempo per qualche vasca prima della pausa natalizia. Per evitare che tutto il patrimonio familiare venga delapidato nelle attività sportive della pargola, anche io mi butto in acqua a fare un po’ di nuoto libero mentre lei frequenta il corso nella corsia di fianco.

E quest’anno ci accolgono un sacco di novità: oltre alle cuffiette superaderenti che abbiamo comprato per motivarci un po’ all’attività sportiva,  dobbiamo fare i conti con i nuovi strumenti per il risparmio energetico adottati dalla nostra piscina di fiducia…per poter accedere allo scroscio d’acqua e al vento asciugacapelli temporizzato, bisogna usare un infernale mazzetto di ticket di plastica, che viene introdotto&mangiato da una macchinetta obliteratrice.

Il meccanismo è chiaro:  individuare la doccia libera, obliterare il biglietto, digitare il numero corrispondente, farsi trovare dopo pochi secondi sotto il getto d’acqua giusto, comprare una confezione di shampo&balsamo per ridurre i tempi, uscire ancora saponati dalla doccia e rubare gli ultimi schizzi al bambino di fianco (mentre la sua mamma sta già andando a prenotare il phon).

A tutto ci si abitua, basta un po’ di pratica.
Soprattutto se a fare da tutor arriva lei, l’aguzzina della piscina.

E’ l’inserviente che vigila su dove lasci le scarpe, su chi dimentica cose, su chi tenta di mangiare negli spogliatoi e su chi prova ad uscire con le orecchie ancora bagnate.

Ed eccola aggirarsi negli spogliatoi, che spiega a mamme inesperte e preoccupate il meccanismo infernale della macchinetta. La custode, con stuolo di mamme al seguito, inscena una lezione di lavaggio e asciugatura, prendendo ad esempio la prima malcapitata (io) di cui ha comincia a elencare una serie di errori da non fare mai:

Errori??????

La mia aria di superiorità è stata subito spazzata via dal getto del phon; mi sono ritirata nel calduccio dell’asciugamano, riponendo mestamente il costume bagnato nell’apposito contenitore.
Gli errori, nell’ordine:

  • ho messo la bimba sotto il phon senza averle tamponato i capelli
  • non ho portato l’asciugamano piccolo per tamponare i capelli
  • ho dovuto usare due tacche del biglietto di plastica per accedere a un’altra sessione di phon, visto che i capelli erano ancora bagnati, perché non li avevo tamponati,  perché non avevo l’asciugamano, che al mercato al mercato mio padre comprò…
  • non abbiamo controllato l’asciugatura delle orecchie
  • abbiamo spalmato la crema idratante DOPO la fine del getto del phon
  • i collant non salgono perché le gambe sono ancora pregne di crema, perché la bimba non si è asciugata abbastanza, perché non l’ho messa sotto il getto del phon, che al mercato mio padre comprò…

Delusissima dalla piega che avevano preso gli eventi, finiamo di vestirci e usciamo nell’atrio ancora spettinate e con filo di umido dentro le orecchie che fa presagire l’otite.
Ma nel momento più buio, quando ogni speranza sembra perduta, ci viene incontro la soluzione, il miracolo, l’elemento inaspettato che risolleva la situazione: dalla borsa spunta
il paraorecchie!!!
A forma di elfi di Natale, ma pur sempre un ottimo e caldo strumento per proteggere le orecchie della mia bambina.

Lo sventolo all’uscita, strappando un sorriso all’aguzzina, e sapendo che da da questo momento sarò certamente una mamma migliore.